Il Piano di alienazioni del Comune di Aosta non va giù alla minoranza consiliare.
È infatti una mozione a firma Alpe a mettere a fuoco il problema: “Casa Deffeyes è un edificio che ha dato i natali ad Albert Deffeyes – spiega illustrando la mozione il consigliere Loris Sartore –, personaggio che ha fatto la storia di questa Regione. La sua destinazione è nata a suo tempo come sede del Club Alpino Italiano e Museo della montagna, con una posizione di affaccio su ciò che nei progetti di allora doveva diventare il ‘Parco Tourneuve’. Un edificio situato inoltre in una parte della città in corso di ripensamento, di ricucitura urbanistico/edilizia, nelle vicinanze della caserma Testa Fochi che diventerà sede dell’Università. Credo che l’inserimento di questo edificio in questo disegno complessivo di ricucitura rivestirebbe un ruolo importante. Mettere in vendita questo bene è un’occasione persa per la città e lo renderebbe una destinazione privata che farebbe venire meno uno spazio collettivo, per la città, che invece ha un proprio senso”.
Una paura di ‘svendere’ un bene architettonico pregno di significato storico sulla quale mette il carico anche Iris Morandi, invitando ad altre soluzioni: “Si rischia – spega la consigliera in quota Alpe – di mettere sul mercato un bene in un momento difficile del mercato stesso. Chi potrà permettersi di comprare casa Deffeyes ne farà sicuramente un vero gioiello che però non sarà più dei cittadini. In mancanza di soldi e disponibilità facili dobbiamo farci venire delle idee nuove, e provare ad inserirci anche all’interno dei fondi europei”.
Soluzioni che però non sembrano al momento essere praticabili, anche perché sul Comune pende sempre la ‘spada’ affilata del Patto di Stabilità: “Questa amministrazione deve dimostrare – risponde il Sindaco Bruno Giordano – anche per dovere morale e responsabilità amministrativa, contabile e per la Corte dei Conti, di aver messo in atto tutte le operazioni necessarie per rispettare il Patto di Stabilità. Con aria professorale qualcuno ci ricorda la storia di Deffeyes e della zona della città nella quale è ubicata la casa, ma la nostra è stata una scelta dolorosa da prendere in tempi stretti, perché una proposta che arrivi il 2 gennaio 2015 è una risposta che non servirà più a nulla. Il progetto originario era basato sulla destinazione del CAI, mentre ora andrebbe completamente riprogettato, contando che poi le condizioni dell’edificio sono tutt’altro che stabili. Se riuscissimo a vendere tutto il patrimonio in alienazione entro il 31/12, comunque, non basterebbe ad arrivare all’obiettivo di rispetto del vincolo. Non parte la corsa sfrenata alla vendita del bene, si faranno un bando e si stileranno degli atti con stime e perizie. Non mettere in campo ora questa azione potrebbe tornare contro la prossima amministrazione, perché il non rispetto del Patto si riverbererà su chi arriverà dopo di noi”.
Tema sul quale mette il ‘puntello’ anche l’Assessore alle Finanze Carlo Marzi: “Il Patto di Stabilità e la crisi sono due cose totalmente diverse. Non è per la crisi che ci troviamo in queste condizioni perché i fondi li abbiamo, ed il problema è che non possiamo spenderli. Non fare adesso questa operazione creerebbe un’eredità difficile da gestire in futuro”.
La mozione viene bocciata, mentre passa invece la delibera del Piano Alienazioni, fortemente criticata dalla minoranza: “Non abbiamo peso sufficiente per smuovere acque statali – attacca in chiusura il capogruppo Alpe Carlo Curtaz – ma per smuovere le finanze locali in Regione sì, e invece restiamo nel nostro piccolo recinto. Sono stati fatti tutti i passi opportuni per capire se questo bene rientrasse nell’interesse della Regione o di alcune partecipate che fanno fatturati altissimi e finanziano ad esempio la ristrutturazione del Billia e non di casa Deffeyes, che rispetto a quell’intervento costerebbe un centesimo. Perché non potrebbe investirci CVA? Il governo comunale ha lo stesso colore di quello regionale e sarebbe bastata una telefonata a sappiamo a chi. Alcuni gioielli non si vendono mai, qui bisognava tenere duro e lavorare in maniera più ampia per cercare delle alternative”.