Tra dimissioni programmate e allontanamenti improvvisi, incertezze pensionistiche e tagli finanziari, anche la Valle d’Aosta risente, come molte altre regioni italiane, di una carenza di medici di base che, a oggi, priva quasi 14 mila valdostani di cure primarie adeguate ai loro bisogni. Nella lista delle 23 aree territoriali colpite da tale deficit assistenziale, omogeneamente distribuite dall’alta alla bassa Valle passando per la Plaine, 9 zone risultano loro malgrado quasi totalmente scoperte.
I dati della carenza
“Il rapporto tra numero di medici e numero di pazienti stabilito dal sistema sanitario locale corrisponde a 1 dottore per ogni 1200 utenti, ciò che, effettuando un banale calcolo matematico, dimostra come attualmente siano soltanto circa 109 mila, su di un totale di 123 mila, gli abitanti a poter godere di un’idonea assistenza di base – spiega il segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia, Nunzio Venturella -. Al fine di garantire ai valdostani un servizio ottimale sarebbe richiesta la presenza di 91 professionisti operativi, 17 in più di quelli effettivamente attivi sul nostro territorio».
Durante l’attuale fase di transizione impiegatizia, che prevede di protrarsi tra i 5 e i 6 anni, la soglia di sanitari operativi si è drasticamente abbassata da una media di un’ottantina contata negli anni passati ai 74 dell’anno corrente, una cifra tuttavia ancora suscettibile di cambiamenti poiché, come precisa il direttore di Area territoriale, Leonardo Iannizzi, “nonostante le manovre messe in piedi dal Ministero e dall’Usl in risposta alle esigenze di tale delicato settore medico, data la natura di liberi professionisti non alle dirette dipendenze dell’azienda sanitaria regionale di molti dottori, accanto ai 3 pensionamenti e alle altrettante assunzioni registrati nel corso del 2022, non sono escluse ulteriori variazioni numeriche”.
La scintilla del disagio
La causa scatenante di tale mancanza di personale è duplice e guarda sia all’errata programmazione di un ricambio atto a compensare le lacune generate dai pensionamenti sia alle pesanti riduzioni dei finanziamenti formativi e contrattuali degli specialisti già in essere.
“Tra il 2022 e il 2023, la sostituzione di coloro che hanno cessato il loro servizio si rivelerà particolarmente difficoltosa, poiché l’imbuto formativo creato dal numero chiuso dei corsi di laurea in medicina e dall’ampia durata di tale percorso universitario – il quale comprende un periodo di studi di 6 anni associato a una specializzazione di 3 anni – impedirà di fatto un rapido turnover, in una spirale negativa che rischia di sovraccaricare sino al superlavoro il personale assunto – prosegue Iannizzi -. Se a ciò si sommano i drastici tagli ai fondi dedicati alla formazione medica universitaria operati nel decennio passato a livello nazionale e la crisi che affligge la professione in generale e alcune specializzazioni in particolare, risultano ovvie le motivazioni che, a oggi, spingono molti professionisti a trasferirsi nei vicini paesi esteri, dove la loro valorizzazione economica e le loro possibilità di carriera risultano nettamente superiori”.
Tra il 2022 e il 2023
la sostituzione dei medici di base
si rivelerà particolarmente difficoltosa
“La percezione di tale disagio da parte sia dell’utenza sia del personale sanitario è stata una delle problematiche discusse nell’ambito del colloquio con il Ministero della salute, che, nelle scorse settimane, si è posto l’obiettivo di delineare con maggiore precisione ruolo e natura del nuovo e più moderno medico di medicina generale – illustra il presidente dell’Ordine dei medici della Valle d’Aosta, Roberto Rosset -. In aggiunta, con lo scopo di incentivare una specializzazione spesse volte giudicata poco appetibile a causa del vasto carico di lavoro che essa comporta, è stato deciso di aumentare da 6 mila a 10 mila il numero di borse di studio per tale specifico piano di studi”.
Prendendo atto di sostanziali differenze quanto a mansioni e grado di presenza sul territorio dei medici di montagna rispetto ai colleghi di città, il passaggio graduale verso una maggiore incentivazione della sanità locale pare poter passare anche attraverso una più stretta collaborazione lavorativa e una maggiore differenziazione in termini di riconoscimento salariale.
“Nell’intento di migliorare quanto la qualità dell’assistenza fornita ai pazienti, riducendo le tempistiche di risposta e di attesa e incrementando così l’efficacia medica di ciascun professionista, sarebbe utile guardare nella direzione della creazione di microteam di dottori coadiuvati da infermieri e segretari che, sopperendo a mansioni di tipo ambulatoriale e burocratico, permettano agli specialisti di dedicarsi unicamente ai propri compiti diagnostici e curativi – sottolinea ancora Venturella -. Inoltre, di concerto con la Regione e l’assessore alla Sanità Roberto Barmasse, sono tuttora in fase di elaborazione alcuni interventi che, auspichiamo, sapranno rendere la Valle d’Aosta di gran lunga più attrattiva dal punto di vista sanitario, aumentando le retribuzioni dei singoli impiegati nonché prevedendo alcuni benefit per coloro che abitano le zone maggiormente disagiate quali prezzi calmierati per l’affitto o per l’acquisto di studi medici”.
I nuovi volti della medicina generale valdostana
Insediatisi rispettivamente questa primavera e nel marzo dell’anno passato, Camilla Mandatori e Fabio Pescarmona sono due delle giovani reclute messe in campo dal sistema sanitario locale per sanare almeno in parte la carenza di medici di famiglia registrata sul territorio. Reduci da esperienze formative e professionali differenti, la dottoressa valdostana e il dottore piemontese collaborano quotidianamente nei loro studi di Morgex e Pré-Saint-Didier, destreggiandosi tra visite a domicilio e contatti telefonici e telematici, consulti clinici e obblighi burocratici.
Cambi di rotta e allontanamenti provvisori
Accanto a chi approda con entusiasmo al campo della medicina generale valdostana, c’è anche chi, dopo essersi brevemente o lungamente affacciato alla professione, ha deciso di lasciare la propria posizione: dalla maternità ai problemi di salute, dall’avvio di carriere mediche fuori regione all’apertura di nuove possibilità estere, dagli elevati livelli di stress alle incertezze impiegatizie, le ragioni che hanno spinto alcuni professionisti a rassegnare le proprie dimissioni sono molteplici e variegate.
“Esordita come un processo graduale ma accentuata dalla pandemia, la burocratizzazione delle mansioni dello specialista in assistenza primaria ha finito con l’annichilire sotto le scartoffie il versante curativo del mestiere per il quale ho speso studio e tempo, un carico di incombenze tale da non permettermi di dedicare ai pazienti l’attenzione che essi meritavano – racconta uno dei medici che, a seguito del proprio licenziamento, hanno guardato con rinnovata fiducia a un’occupazione nel settore privato -. Recuperato il perduto amore per la mia professione e riacquistato un meno tecnico ruolo di clinico, ora posso votarmi a tempo pieno alla tutela di coloro che mi domandano aiuto, un proficuo cambio di rotta che mi permette di vivere in un clima maggiormente disteso e appagante oltre che di gestire le mie incombenze in maniera più libera e autonoma”.
Ancorché abbandonare definitivamente la professione a causa di un insuperabile malcontento legato a carichi di lavoro eccessivi o a orari poco flessibili, altri medici hanno espresso piena soddisfazione circa l’organizzazione sanitaria locale e scelto, per mere ragioni personali, di mettere solo temporaneamente in pausa la propria carriera in Valle d’Aosta.
La burocratizzazione ha finito con l’annichilire sotto le scartoffie il versante curativo del mestiere
“Volontariamente trasferitami spinta dall’amore per la montagna e affacciatami alla professione medica immediatamente dopo il triennio di specializzazione, ho dovuto a malincuore allontanarmi dal mio studio e dai miei pazienti poiché tale incarico di assistenza primaria è risultato incompatibile con alcuni problemi famigliari che mi hanno costretta fuori regione – ha commentato un’altra dottoressa, congedatasi attorno alla fine di febbraio ma desiderosa di tornare quanto prima in piena attività -. Ciò che, a mio avviso, è del tutto inaccettabile all’interno di un ottimo sistema sanitario come quello valdostano è l’incapacità per un medico di base di assentarsi anche solo per brevi periodi da un ambulatorio, che, non potendo essere lasciato scoperto, necessiterebbe di un sostituto non assumibile per motivazioni legate alla carenza di personale”.
Un medico di base non può lasciare libero anche solo per brevi periodi il proprio ambulatorio
La parola ai pazienti
A risentire maggiormente dei pesanti effetti delle lacune assistenziali e delle ripercussioni di dimissioni improvvise e pensionamenti anticipati, come ovvio, sono i pazienti, spesse volte ritrovatisi inaspettatamente privi di medico di base e costretti ad affrontare in solitaria tediose problematiche burocratiche.
“Dopo il pensionamento della mia precedente dottoressa, attorno a fine gennaio io e il resto della mia famiglia, avvisati da una lettera che tuttavia era stata recapitata unicamente a mia moglie e a mia figlia ma non a me, abbiamo provveduto a selezionare dall’apposito portale online un nuovo medico, il quale, tuttavia, ha poco dopo convalidato il proprio licenziamento lasciandoci nuovamente privi di appoggi sanitari appropriati – racconta un anonimo assistito, dettosi scontento di un sistema medico a suo parere del tutto inefficace -. Chiamati una seconda volta alla scelta del medico di famiglia, la stessa piattaforma elettronica ha finito con il bloccarsi poiché, come spiegato successivamente a mia moglie una volta recatasi di persona agli sportelli dell’Asl, inabile a effettuare due diversi cambiamenti nell’arco di un solo mese”.
Se almeno questo inconveniente, riscontrato da una larga fetta dell’utenza del medesimo distretto di residenza dell’uomo, pare essere stato celermente risolto dai tecnici del sistema sanitario locale, insoddisfazione e disapprovazione generali non paiono tuttavia essere state ancora appianate.
“Accanto all’assenza di una figura di riferimento che sappia coordinare la progressiva informatizzazione del Fascicolo sanitario elettronico, trovo davvero grave che centinaia di persone possano trovarsi da un giorno all’altro prive di medico e di conseguente assistenza primaria per il solo fatto che, anche a scapito di un’assunzione molto recente, questi pareva non considerare la Valle d’Aosta appetibile per le proprie esigenze e il proprio tornaconto economico – prosegue il paziente, che ora, assieme alla propria famiglia, ha finalmente avuto modo di provvedere ad affidarsi a un terzo sanitario -. Anche se tendo a servirmi sporadicamente del mio dottore, sarebbe piacevole e vantaggioso per me e per i miei cari avere la certezza di un servizio costantemente garantito e di un punto di riferimento professionale cui rivolgersi in caso di bisogno”.
Centinaia di persone lasciate da un giorno all’altro senza medico di base
Non sono però soltanto gli utenti a risentire degli effetti di pensionamenti e allontanamenti volontari che non fanno che peggiorare una condizione di carenza già di per sé percepita come drammatica.
“Come da lui stesso spiegato a mia moglie nel corso di una recente visita in ambulatorio, il nuovo dottore assegnatoci in sostituzione del precedente ha riscontrato ben più di un inconveniente a seguito del suo insediamento, dall’impossibilità di accedere ai fascicoli sanitari elettronici e alle cartelle dei suoi assistiti all’essersi visto assegnare un surplus di 600 pazienti che egli non è in grado di gestire da solo – conclude l’uomo, dettosi a dir poco deluso da tale ennesimo disguido -. Ora il medico ha reso noto di aver scritto una lettera di protesta indirizzata all’Asl, ma a mio avviso si tratta soltanto di un’ulteriore riprova del fatto che la sanità valdostana è oramai saltata a causa della mancata programmazione del ricambio sul lungo periodo ma anche dell’assenza di un sistema informatico adeguato ai tempi moderni e alle esigenze dell’utenza locale”.
La sanità valdostana è saltata a causa della mancata programmazione
Gli ultimi passi sulla strada della medicina generale
Dopo anni di accorta assistenza e cura continua dei propri pazienti, sono diversi i medici di famiglia giunti quasi a tagliare il traguardo della propria carriera: tra soddisfazioni e rimpianti, aneddoti e critiche, molti si dicono oramai esausti e demotivati dinnanzi a una professione profondamente cambiata rispetto a un tempo.
“Da qualche anno oramai e in modo particolare lungo questo inverno significativamente incerto dal punto di vista epidemiologico, i ritmi che sostengo giorno dopo giorno sono sempre più estenuanti a causa della inevitabile sovrapposizione tra visite in studio e a domicilio, assistenza nelle RSA, somministrazioni di vaccinazioni anti-Covid e anti-influenzali e chiamate e messaggi recapitati a ore serali o addirittura notturne finalizzate solamente a richiedere la prenotazione di analisi o ad assicurarsi della presa visione di qualche referto – racconta Elsa Brunier, che, dopo 40 anni di ininterrotta quotidianità ambulatoriale, già vede affacciarsi all’orizzonte l’imminente pensionamento, previsto per giugno dell’anno prossimo – . Non esistono più orari di lavoro prestabiliti poiché, nonostante una ridotta presenza fisica in sala imposta dalla programmazione delle visite, gli utenti si dicono ancora convinti della piena disponibilità dello specialista ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette come durante il periodo pandemico e, nonostante tutti noi cerchiamo di tenere duro per il loro unico bene, non siamo sicuri di quanto saremo in grado di resistere senza rischiare ripercussioni sulla nostra salute personale”.
Non so quanto potremo resistere senza ripercussioni sulla nostra salute personale
La dottoressa Brunier condivide il proprio studio associato autofinanziato con numerosi colleghi ancora nel pieno del loro percorso professionale oppure, come lei, prossimi al ritiro lavorativo, cercando invano di organizzarsi al meglio al fine di alleggerire una mole di mansioni burocratiche comunque eccessiva grazie al supporto di segretarie incaricate di rispondere alle chiamate e di prenotare i consulti dei pazienti.
“Tale drammatica situazione di carenza di personale medico e infermieristico che affligge tanto il territorio quanto il sistema ospedaliero, quest’ultimo costretto alla chiusura di singoli reparti o addirittura piccoli ospedali, rischia di lasciare milioni di italiani senza un’assistenza di base, anche a scapito dei vani tentativi di sostituzione improvvisata o degli esperimenti di telemedicina volti a sopperire a lacune che restano insormontabili – spiega Silvana De Riccardis, lanciatasi nella medicina generale nel 1986 e decisa a restare in servizio ancora qualche anno cercando come può di far fronte a stanchezza e demotivazione -. Purtroppo, data l’assenza di mezzi finanziari e umani atti a sanare tali mancanze e data l’inefficacia di interventi quali l’aumento dei massimali o l’apertura delle cosiddette case della salute, dinnanzi a noi non si prospetta alcuna soluzione che possa salvare un sistema sanitario nazionale da anni finanziariamente insostenibile e oramai al collasso, il quale sta progressivamente direzionandosi verso forme private o di dipendenza mutuate da polizze assicurative private che, se da un lato potrebbero generare un maggior senso di rispetto e un minor abuso del sanitario, dall’altro lato non faranno che annientare definitivamente quel rapporto di fiducia e vicinanza imprescindibile per l’assistenza primaria che porta lo specialista a conoscere sia la storia sanitaria che quella personale del proprio utente”.
Non si prospetta alcuna soluzione per salvare un sistema
finanziariamente insostenibile e oramai al collasso
Anche fuori dalla Plaine e dalle zone più a rischio, infine, vi sono dottori che, raggiunta la soglia minima per l’accesso alla pensione, scelgono di lasciarsi per sempre alle spalle una professione a oggi incapace di restituire loro soddisfazioni e trasformatasi invece in un peso insostenibilmente gravoso.
“Noi medici di medicina generale, in Valle d’Aosta così come nel resto dell’Italia, siamo nostro malgrado oberati sino all’oppressione di incarichi sanitari e amministrativi tra i più assurdi, dalle richieste di improbabili esami diagnostici al rilascio di superflue certificazioni per l’ammissione degli studenti alla didattica a distanza – aggiunge un anonimo sanitario che, giunto ai 68 anni di età, si dice pronto a un pensionamento già previsto per i primi giorni di agosto -. Non soltanto molti pazienti pretendono di inoltrare foto ed esami tramite piattaforme di messaggistica e social network o insistono con continue telefonate che interrompono le visite distraendo e innervosendo dottore e assistito ma non è nemmeno raro incontrare individui che, insoddisfatti di un primo responso da loro giudicato inadeguato e inesatto, si recano in pronto soccorso o dal proprio specialista privato alla ricerca di un inesistente problema di salute, mettendo così fortemente in discussione la professionalità e la competenza di un dottore che per anni è stato al loro più completo servizio”.
Un impegno medico lungo 42 anni
È infine in pensione da poco meno di un mese il dottor Sauro Salvatorelli, ritiratosi definitivamente dalla professione domenica 1º maggio dopo 42 anni di carriera trascorsi tra i primi incarichi romani e il suo studio del Villair di Quart. Medico di medicina generale dal 1983 egli è divenuto, nel 2012, referente locale dell’associazione internazionale Isde (International Society of Doctors for Environment, ndr), lungamente battutasi al fianco di Valle Virtuosa nella lotta all’installazione del pirogassificatore e tuttora impegnata nella sensibilizzazione ambientale e nella salvaguardia della salute umana.
2 risposte
Finalmente avete imboccato la strada degli approfondimenti! Bravi!
Nel merito: i pazienti si sentono trascurati dai medici ed i medici si sentono assediati dai pazienti…
Un bel servizio che fa il punto della situazione. Una piccola regione come la nostra, potrebbe essere un gioiello di assistenza!