Sono il traffico veicolare e l’agricoltura intensiva della pianura padana le cause più probabili della presenza in atmosfera di specie reattive dell’azoto. Queste, all’interno delle nubi, riescono a raggiungere anche le zone più remote e incontaminate, come il Col d’Olen, sul confine tra Valle d’Aosta e Piemonte, a circa 2900 metri di quota.
E’ quanto emerge da una ricerca, frutto della collaborazione tra CNR, Università di Torino e Arpa della Valle d’Aosta, svoltasi appunto nel sito “Lter” (Long Term Ecological Research) , tra Gressoney La Trinité e Alagna Valsesia. Parliamo di una delle più importanti e longeve stazioni di ricerca scientifica di alta quota, fondata nel 1907. Le reti Lter, strutturate in Italia, Europa e negli altri quattro continenti, hanno l’obiettivo di seguire, analizzare e comprendere i cambiamenti e le alterazioni degli ecosistemi, sia naturali, sia indotti dagli esseri umani, a scala globale e locale.
Per valutare le quantità di azoto rilasciate al suolo dalle precipitazioni, i ricercatori delle realtà coinvolte nella ricerca hanno lavorato dal 2018 al 2020. In questo periodo, hanno campionato la pioggia e la neve caduta sul sito del Col d’Olen, successivamente analizzando quanto raccolto, attraverso una serie di tecniche chimiche e fisiche.
Tra queste ultime, anche la misura del numero di neutroni negli atomi di azoto e ossigeno, tecnica che fornisce indicazioni sull’origine del nitrato nelle deposizioni atmosferiche. Lo scenario emerso vede, nel sito dell’Istituto Mosso, un’atmosfera incontaminata in inverno, “simile addirittura a quella del periodo pre-industriale” fa sapere l’Arpa. Gli inquinanti provenienti dalle aree pianeggianti faticano infatti a raggiungere quote elevate nella stagione fredda.
Al contrario, durante l’estate, il riscaldamento solare intensifica il rimescolamento dell’atmosfera fino a quote elevate. Al tempo stesso, la circolazione atmosferica dalla pianura verso la montagna favorisce il trasporto degli inquinanti alle quote dell’osservatorio. Tra i risultati emersi, anche uno spesso trascurato negli studi precedenti: in alta montagna, la pioggia contribuisce alle deposizioni di azoto quanto la neve.
Eppure, “la pioggia – sottolineano all’Arpa – è solitamente ignorata nelle analisi di deposizioni di alta quota, a causa delle difficoltà nel garantire un campionamento a elevata frequenza”. Dal 2015, Arpa conduce un monitoraggio continuo del profilo verticale dell’atmosfera ed è questa competenza che le ha consentito di supportare lo studio condotto all’istituto Mosso.
Recentemente, l’Agenzia ha osservato dinamiche analoghe di trasporto di inquinanti a quote ancora più elevate, come alla stazione di ricerca di Testa Grigia a Plateau Rosa (3.500 metri). Il tema è stato oggetto di due tesi di laurea, in chimica e in fisica, in collaborazione con le Università di Torino e di Trento e con il CNR.
Le specie reattive dell’azoto presenti in atmosfera sono principalmente il risultato delle attività umane, quali l’uso di fertilizzanti nell’agricoltura intensiva e i processi di combustione. Lo studio multidisciplinare condotto al Col d’Olen è stato recentemente pubblicato sulla rivista “Atmospheric Environment”.