Gli accumuli nevosi invernali sui ghiacciai Timorion e Rutor sono stati buoni

A spiegarlo è l’Arpa Valle d'Aosta. Sul Timorion, a Valsavarenche, l’accumulo nevoso risulta leggermente superiore alla media degli ultimi 24 anni, così come per il ghiacciaio di La Thuile. Per entrambi, comunque, è sensibilmente inferiore rispetto all’inverno scorso.
I rilievi fotogrammetrici ad alta risoluzione della superficie nivale con Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto
Ambiente

Gli accumuli nevosi misurati sui ghiacciaci Timorion e Rutor al termine della stagione invernale sono stati buoni. A spiegarlo è l’Arpa Valle d’Aosta.

Sul “Timorion”, a Valsavarenche, l’accumulo nevoso misurato questo inverno risulta leggermente superiore alla media degli ultimi 24 anni, ma sensibilmente inferiore rispetto all’inverno precedente, che si era distinto per un innevamento eccezionale.

Un elemento di novità è rappresentato dal fatto che, per la prima volta nei 24 anni di monitoraggio, è stata osservata la presenza di una valanga che ha interessato la porzione Sud-Ovest del ghiacciaio. “Questo fenomeno, verosimilmente connesso a precipitazioni significative e variazioni morfologiche del ghiacciaio – dice Arpa –, rappresenta un’anomalia, sia per la posizione inusuale, sia per la dinamica osservata in un contesto generalmente stabile dal punto di vista valanghivo”.

L’evento ha coinvolto un’area stimata di circa 25.000 m², con un’altezza del distacco compresa tra 1,2 e 1,5 metri e una pendenza media di circa 30°, per un volume complessivo di circa 30.000–35.000 m³ di neve accumulata fino a circa 3.215 m di quota. L’intero fenomeno si è sviluppato all’interno del bacino del ghiacciaio non influenzando la valutazione dell’accumulo nivale complessivo né, di conseguenza, il bilancio di massa annuale.

 

Vista panoramica dell’area di valanga sul Timorion

Per il ghiacciaio del Rutor, a La Thuile, l’accumulo nevoso presenta valori al di sopra della media del periodo di riferimento ventennale (2005–2025), ma anche in questo caso inferiore rispetto all’inverno 2023/24.

La prima fase del monitoraggio dei ghiacciai regionali destinata alla misura degli apporti nevosi nell’inverno appena trascorso si è conclusa con le misure di accumulo effettuate lunedì 19 maggio sul ghiacciaio del Timorion e martedì 27 maggio sul ghiacciaio del Rutor.

Con queste misurazioni viene determinato il contributo nevoso depositatosi durante la stagione fredda. “Dati che costituiscono la base per la determinazione del bilancio di massa annuale dei ghiacciai, che sarà completata al termine della stagione estiva, con le misurazioni successive alla fusione delle masse nevose e del ghiaccio perenne”, dicono dall’Arpa, come spiegavamo qui parlando dello stock della neve.

Qualche dettaglio

Il ghiacciaio del Timorion

Serie storica degli accumuli del Ghiacciaio del Timorion misurati nella seconda metà di maggio di ogni anno (in mm di equivalente di acqua)

Durante la campagna sono stati effettuate 110 misure, con spessori di neve compresi tra 175 e 400 centimetri nelle zone più elevate (circa 3.400 metri) e tra 150 e 220 centimetri nelle aree più basse (intorno ai 3.250 metri). L’analisi di due profili stratigrafici, rappresentativi delle condizioni medie dei due settori altitudinali, indica una densità media del manto pari a 400 kg/m³.

Ciò corrisponde a un accumulo medio sul ghiacciaio di 1.100 millimetri di equivalente in acqua, valore lievemente superiore alla media della serie storica iniziata nel 2001.

Il ghiacciaio del Rutor

Serie storica degli accumuli al Ghiacciaio del Rutor. In rosso la media calcolata sulla serie ventennale

Le misure dell’accumulo nevoso sul Ghiacciaio del Rutor sono state condotte – dice sempre Arpa – attraverso un approccio integrato che ha combinato tre differenti metodologie per permettere di migliorare l’accuratezza e la rappresentatività spaziale dei dati.

Oltre alle tradizionali misurazioni manuali con sonda da valanga centimetrata, sono stati realizzati rilievi geofisici tramite Ground Penetrating Radar (GPR), condotti dal personale del Dipartimento Diati del Politecnico di Torino. L’uso del GPR ha permesso di ottenere transetti continui e dettagliati della stratigrafia del manto, riducendo l’incertezza della misura associata alla presenza di strati di ghiaccio e alla complessa morfologia del ghiacciaio.

Inoltre, sono stati effettuati rilievi ad alta risoluzione della superficie tramite UASUnmanned Aircraft System (drone). Il modello digitale della superficie ottenuto tramite tecnica fotogrammetrica è stato confrontato con modello della superficie glaciale priva di neve acquisito nel settembre 2024, consentendo la stima spazialmente distribuita dello spessore del manto nevoso.

I rilievi con drone hanno interessato una porzione del ghiacciaio di circa 3 km², corrispondente alla parte bassa in prossimità della fronte. Questa strategia multimodale – prosegue Arpa – ha permesso di migliorare la copertura areale delle misure e la comprensione della distribuzione dell’accumulo nevoso sul ghiacciaio.

Sulla base di 91 misure manuali di spessore del manto nevoso, 420 misure derivate da indagini georadar (GPR) e l’elaborazione dei modelli digitali di una porzione della superficie, è stato calcolato un accumulo medio di neve pari a 396 centimetri.

Le misurazioni hanno evidenziato valori compresi tra a 390 e 500 kg/m³, in linea con quelli attesi per manti nevosi consolidati in contesti glaciali alpini. Sulla base di questi dati, l’accumulo specifico risulta pari a 1.955 mm di equivalente in acqua, un valore al di sopra della media del periodo di riferimento ventennale (2005–2025), pari a 1.370 millimetri.

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