Da 70 anni (Nda in base ai dati storici svizzeri) non si vedeva un inverno così caldo e secco. Anche l’ultima precipitazione di ieri, non ha modificato un quadro che resta critico e che mostrerà i suoi effetti soprattutto in estate. 30/40 cm caduti in media ad alta quota, circa 450-470 milioni di m3 di acqua stoccati nella neve. La situazione, prima della debole perturbazione di lunedì e martedì scorsi, era di 390Mm3, la metà circa di quanto registrato negli ultimi inverni e ai minimi della serie storica degli ultimi 21 anni.
“La situazione resta particolarmente difficile nelle vallate orientali del Monterosa” racconta Edoardo Cremonese di Arpa Valle d’Aosta. “La perturbazione dei giorni scorsi è stata l’unica del 2022, e degli ultimi mesi, che arriva dal Mediterraneo, mentre le altre arrivavano tutte da Nord”.
La speranza è, quindi, che altre precipitazioni nevose arrivino in questi ultimi giorni di freddo invernale.
“La climatologia degli ultimi 40 anni ci dice che i mesi di aprile e maggio sono mesi piovosi” prosegue Cremonese “ma non è detto che queste precipitazioni avvengano con il freddo necessario affinché si trasformino in neve ad alta quota. Normalmente ad aprile la quota neve sale a 3500/3000 metri, mentre se piove dai 3000 metri in giù la neve fonderà più velocemente. Insomma, più andiamo avanti e più cresce il rischio che eventuali nuove precipitazioni non si trattengano sotto forma di neve”. La sabbia del Sahara, arrivata in grandi quantità ieri, non aiuta la salvaguardia delle poche “scorte” di neve per l’estate. “Velocizza la fusione della neve, anche di un mese”. Il fenomeno ieri è stato soprattutto osservato sui parabrezza delle auto, mentre sulla neve, “era meno evidente essendo arrivata con le precipitazioni”.
Qual è il rischio che ci troviamo davanti? “Forse l’aspetto su cui non riflettiamo tanto, è che la neve ci fa questo servizio di trattenere l’acqua per poi rilasciarla con calma durante la stagione estiva. Se prendiamo ad esempio un torrente di una vallata laterale, fino a tutto luglio, l’acqua presente arriva dalla neve, mentre i ghiacciai entrano in gioco molto tardi nella stagione. “
Questa “banca” della neve è utile soprattutto in una regione come la nostra, con estati aride. “Grazie a questo stock nivale riusciamo a non soffrire di siccità”.
L’inverno di quest’anno è però un’anomalia, solo fino a un certo punto. “Se guardiamo agli ultimi dieci anni questa situazione si sta verificando sempre più frequentemente. – continua Cremonese – Il cambiamento climatico è già arrivato. Avremo sempre più spesso annate molto secche e altre meno. Non ci aspettiamo una riduzione media delle precipitazioni, ma è da dieci anni che osserviamo una grossa variabilità da un anno all’altro.”
Una tendenza che va gestita. “Va affrontata su più tavoli: dalle infrastrutture, con i bacini di accumulo o i serbatoi, da quelli organizzativi e gestionali, con dei piani condivisi della risorsa acqua, dal piano agricolo, dal piano di fruizione umana, soprattutto per i comuni turistici che sono più vulnerabili. Bisogna preparare i territori a gestire gli impatti dei cambiamenti climatici”.