Accorpamento camere di commercio, la Consulta: lo Stato non può decidere su quella valdostana

A metterlo nero su bianco è oggi la Consulta che si esprime sul ricorso promossa dalla Regione Valle d’Aosta, a seguito della pubblicazione, nel febbraio 2018, del decreto del Ministero dello sviluppo economico “Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale”.
Il Palazzo della Corte Costituzionale
Cronaca

Non spetta allo Stato decidere sulla Camera di Commercio valdostana. A metterlo nero su bianco è oggi la Consulta che si esprime sul ricorso promossa dalla Regione Valle d’Aosta, a seguito della pubblicazione, nel febbraio 2018, del decreto del Ministero dello sviluppo economico “Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale”. Il decreto, per quanto riguarda la nostra regione, interveniva sulla riorganizzazione del personale e sulle piante organiche.

Nella sentenza i giudici ricordano come in Valle d’Aosta “tutte le funzioni tradizionalmente svolte dalle Camere di commercio appartengono alla Regione, che può discrezionalmente scegliere le forme organizzative ritenute più opportune per il loro esercizio”.  Con la legge 7 del 2002 la Regione ha deciso di trasferire queste funzioni ad un ente di propria creazione: la Camera valdostana delle imprese e delle professioni – Chambre valdôtaine des entreprises et des activités libérales.

Per metter mano alle norme di trasferimento delle funzioni, lo Stato ha bisogno, quindi, di trovare un accordo con la Regione in sede di Commissione paritetica.

“Emerge chiaramente, dunque, come lo Stato non abbia tenuto in adeguata considerazione la particolare competenza della Regione autonoma Valle d’Aosta – conclude la sentenza della consulta – intervenendo con un atto fonte secondario, inidoneo, per espressa disposizione statutaria, a disciplinare la Camera Valdostana e a soddisfare la complessa procedura richiesta dall’art. 48-bis dello statuto speciale (in senso simile, sentenza n. 38 del 2003)”.

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