Assolto per non aver trattenuto gli incassi delle slot della Valle

Imputato di peculato era un 50enne torinese, titolare di una ditta che noleggia le macchinette. In primo grado era stato condannato, ma ieri la Corte d’Appello ha stabilito “che il fatto non sussiste”.
Immagine di repertorio
Cronaca

Parte dalla Valle d’Aosta la vicenda per cui la quarta sezione penale della Corte d’Appello di Torino ha pronunciato ieri, martedì 11 dicembre, una sentenza di assoluzione destinata ad arricchire un panorama di pronunciamenti non ancora particolarmente florido a livello nazionale. Tema: le slot-machines installate nei bar e nelle tabaccherie, ma in particolare i rapporti tra i proprietari delle macchinette e i concessionari cui lo Stato demanda la gestione del “gioco lecito”.

Le slot sono infatti di società private, che le installano nei locali, dove vengono collegate a un sistema informatico gestito dal concessionario (ad esempio, la Snai). Gli incassi vengono prelevati periodicamente dal proprietario stesso – definito, in questa funzione, “terzo raccoglitore” – che, entro un termine prestabilito, è tenuto a versarne due quote (il Prelievo Erariale Unico e il Canone dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato) al detentore della concessione, che poi le “rigira” allo Stato.

Ritenendo che un 50enne torinese, titolare di una ditta che operava in Valle per la locazione slot e la raccolta dei proventi, avesse trattenuto sul conto corrente (ed omesso dunque di versare) 147mila euro di Preu e 10mila 750 euro di AAMS, relativi al primo semestre 2012, il concessionario aveva denunciato l’uomo. La Procura di Aosta, dopo le indagini della Guardia di finanza, gli aveva contestato il reato di peculato.

Al processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato dinanzi al Gup del Tribunale, arriva una condanna ad un anno e otto mesi, con pena sospesa a condizione che venisse versata una provvisionale da 33mila euro al concessionario, costituitosi parte civile nel procedimento. L’imputato, assistito dall’avvocato Marco Bich del foro di Aosta, propone tuttavia appello.

L’esito dell’udienza di ieri, in cui il sostituto procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, è stato di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. L’aspetto su cui il verdetto della Corte d’Appello (con le motivazioni depositate entro novanta giorni) può contribuire ad ampliare un panorama che, al momento, vede solo due sentenze della Suprema Corte (di senso peraltro opposto), riguarda l’inquadramento di questo tipo di condotta.

Fatti del genere, sino al 2013, erano considerati dalle Procure quale appropriazione indebita. A seguito di una espressione incidentale della Cassazione hanno iniziato a venire qualificate come peculato, reato basato sul danneggiamento della pubblica amministrazione, ritenendo che il “terzo raccoglitore” agisca in qualità di “incaricato di pubblico servizio”.

Soprattutto, però, il presupposto della diversa incriminazione è che il denaro introdotto nelle macchinette sia, all’atto dell’inserimento della moneta nella slot, di proprietà statale. Una visione che diversi legali considerano “sbilanciata” a favore dei concessionari dello Stato e chissà, uscendo dal mondo delle aule di Tribunale, se i giocatori ci pensano mai.

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