Black bloc, ecco una parola coniata nel 2001, all’epoca delle manifestazioni contro il G8 a Genova, e riportata in auge la settimana scorsa, in seguito agli scontri di Roma. Come molti neologismi nati sull’onda dell’emotività, è un contenitore vuoto, una definizione adatta ai titoli dei giornali, che semplifica, uniformandoli, fenomeni molto differenti da loro.
Ieri La Repubblica, sul suo sito Internet, ha pubblicato la mappa dei black bloc suddivisi per regione, intendendo con questo, per comodità, le persone tenute sotto controllo dalle forze dell’ordine in tutta la penisola, uomini e donne che l’intelligence monitora costantemente, magari da anni. Secondo il “censimento” sono precisamente 1.921, e sono sia di destra che di sinistra, pressappoco in parti uguali. Molti provengono dagli ambienti delle curve ultras e dei centri sociali, ma possono essere anche – scrivono i giornalisti Paolo Griseri e Francesco Viviano, anonimi cittadini, addirittura “funzionari di prefetture e impiegati modello”.
La geografia della contestazione violenta e – più o meno – strutturata non dimentica nessuna regione, e perciò anche la Valle d’Aosta ha diritto alla sua quota. Nella nostra regione i sorvegliati speciali sarebbero due, entrambi indicati come di destra.
Niente di paragonabile alla situazione del Lazio, dove sono 278 (169 di destra, 109 di sinistra). Seguono la Toscana (183) e il Veneto (157).
La fonte è un non meglio precisato elenco stilato dalle forze dell’ordine. Chiaramente l’esigenza di salvaguardare l’anonimato della fonte non consente ai giornalisti de La Repubblica di entrare nel merito.