Lo scorso dicembre, il “round” dinanzi al giudice dell’esecuzione Paolo De Paola sul pignoramento della villetta a Montroz di Cogne si era risolto a favore della famiglia Lorenzi, proprietaria dell’immobile. Il penalista Carlo Taormina, però, ha superato l’improcedibilità emersa in quell’occasione e il Tribunale gli ha ora dato ragione, respingendo la richiesta di sospensione dell’esecuzione immobiliare avanzata da Annamaria Franzoni. L’iter con cui l’avvocato romano mira a pignorare l’abitazione ove il 30 gennaio 2002 venne ucciso il piccolo Samuele, figlio della donna e del marito Stefano, può quindi proseguire.
Taormina difese Franzoni nelle prime battute del processo in cui fu condannata in via definitiva a 16 anni per l’omicidio del bambino (è tornata in libertà nel febbraio 2019) e alla base del contenzioso vi è il mancato pagamento degli onorari del legale. Una sentenza civile del Tribunale di Bologna ha condannato la donna a riconoscere all’avvocato 275mila euro, che nell’atto di pignoramento chiesto dal penalista sono diventati oltre 450mila. Annamaria (che ora vive sull’appennino bolognese e non presenterebbe altri beni aggredibili) ha resistito, iscrivendo a ruolo l’opposizione.
Assistita dalle avvocatesse Lorenza Parenti e Maria Rindinella, Franzoni sosteneva che la villetta non fosse pignorabile perché parte di un fondo patrimoniale. In un’ordinanza di una dozzina di pagine, il giudice De Paola ha però concluso che la costituzione di quel fondo, risalente al 2009, fu fatta da Stefano Lorenzi in qualità di tutore della moglie interdetta a seguito della condanna penale ed è pertanto ricollegabile alla vicenda processuale di Franzoni, che in quel momento non poteva occuparsi dei bisogni materiali e morali della famiglia.
Anche il debito contratto con Taormina, assistito in questa vertenza dal figlio Giorgio e dall’avvocato Giuseppina Foderà di Aosta, è stato ricondotto a quegli stessi bisogni, giacché funzionale ad ottenere la possibilità per Annamaria di ritornare quanto prima ai suoi affetti. Proprio perché il compenso non versato al penalista presenta la medesima connotazione, per il giudice il fondo non può essere considerato una valida ragione di opposizione.
Nel merito c’è ancora un giudizio pendente ad Aosta, la cui discussione sarà fissata prossimamente. Il punto è poi, pensando al turismo macabro di cui è stata meta la villetta negli anni, se esista effettivamente qualcuno disposto ad acquistare una casa con una storia del genere. Non solo dopo il delitto rimase lungamente sotto sequestro, ma i parenti di Stefano Lorenzi (in particolare il padre Mario, scomparso nel 2010) non hanno mai nascosto di considerarla “la vera tomba di nostro nipote Samuele”.