Rendiconti annuali nei quali “non c’era dettaglio delle passività e non erano indicate le attività commerciali che il Crer svolgeva”. È, in una frase del pm Luca Ceccanti, la situazione che ha condotto prima alle accuse e poi, al termine dell’udienza di oggi, mercoledì 22 maggio, alla condanna del 74enne aostano Enzo Baccega, ex presidente del circolo impegnato nell’organizzazione del tempo libero dei dipendenti del comparto pubblico regionale. Il Tribunale gli ha inflitto un anno di carcere, per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Oltre alla reclusione, la sentenza include la confisca di beni nella disponibilità dell’imputato, fino a raggiungere il valore di 103.500 euro. Si tratta della somma dei contributi che, negli anni tra il 2012 e il 2015, i giudici hanno considerato essere stati percepiti dall’associazione, su erogazione dell’amministrazione regionale, senza averne titolo. Per la Procura erano infatti stati riconosciuti a fronte di conti che “erano confusionari, non si capiva la condizione reale”, perché le voci passive erano occultate e quelle attive non includevano azioni come il circolo del tennis (con annesso bar), gestito da una Ati che comprendeva anche il Crer.
Tuttavia, se tale iniziativa fosse stata segnalata, ha tuonato il pm in aula, “la Regione non avrebbe potuto erogare contributi”, perché si trattava di “attività commerciali incompatibili con le finalità del Crer e non rientranti nella legge regionale” che lo disciplina. In merito, è stato anche sentito come testimone al processo, oltre a un sottufficiale della Guardia di finanza occupatosi delle indagini, il presidente subentrato a Baccega, Vincenzo Caminiti, dimessosi dopo nove mesi di mandato, perché “spaventato dalla situazione debitoria”.
“Come si potevano avere 300 mila euro di debiti per la ristrutturazione di un immobile non tuo?” si è chiesto a voce alta, riferendosi al villino in cui ha sede l’associazione, in via Guido Rey, ad Aosta, di proprietà della Regione. Quanto al tennis, “non c’era una pezza giustificativa che lo collegasse al Crer, che aveva investito 15 mila euro, in parte restituiti da Baccega”. Al riguardo, il pm, nella sua requisitoria, aveva ricordato che “quando la situazione si era fatta scottante”, l’imputato “aveva restituito attraverso una fattura, da 6mila euro, parte dei soldi usciti dalle casse del Circolo”.
Nell’insieme, per quanto circoscritta a fatti specifici, l’udienza ha rilanciato il tema dei controlli sul sistema di erogazione di incentivi e misure economiche regionali. “Ho chiesto una verifica all’allora assessore Perron, al Presidente della Regione e al dirigente, ma non è venuto nessuno”, ha osservato sconsolato Caminiti (autore dell’esposto che aveva innescato l’inchiesta), dinanzi ai giudici Eugenio Gramola, Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco. Per il pm Ceccanti, Baccega era “il Dominus, il Deus ex machina” che aveva condotto il Crer a travalicare l’attività che poteva svolgere.
Una visione respinta con forza dal suo difensore, l’avvocato Grazia Spadaro Tracuzzi del foro di Messina. “Ha speso la sua vita per il Circolo, con la diligenza del buon padre di famiglia. – ha detto nell’arringa – La scelta di ristrutturare l’immobile che oggi è sede del Crer era alternativa ad un contratto di locazione e la sede resterà al circolo che non avrà altri costi”. Relativamente all’Ati, “i soci sono stati informati. Niente di fatto in maniera occultata: era per arricchire la sezione tennis. Quelli acquistati erano strumenti di cucina per le sagre, non per l’attività commerciale”.
Esprimendosi in termini complessivi, il legale ha insistito sul fatto che “non ci sono documenti falsi. Si presentavano entrate e uscite. Non c’è stata condotta artificiosa da parte del presidente Baccega. Dall’esposto Caminiti, la Regione ha continuato ad erogare il contributo. La passività era nota”. Temi che, agli occhi dei giudici, non sono stati sufficienti per accogliere la richiesta del difensore di assoluzione per Baccega.