Dal dna potrebbe arrivare la prova dell’allontanamento volontario di Alex Bonin

La Polizia continua a lavorare sugli oggetti ritrovati nella baita dalla quale è stato visto fuggire un giovane che rispondeva alla descrizione dello scomparso. Rivelatesi poco utili le ciabatte "Crocs", attenzione massima ad alcune bottiglie.
Cronaca

Una settimana fa, proprio in queste ore, scattava l’allarme per l’assenza di notizie di Alex Bonin, 24 anni, uscito dalla sua casa di Villeneuve venerdì 17 giugno e non presentatosi al lavoro il mattino successivo. Esaurita la fase di Protezione civile, che ha visto Vigili del fuoco, Soccorso Alpino e Guardia di finanza cercarlo in ampie aree del territorio regionale (compresi luoghi insoliti, come le miniere a Pompiod di Jovençan), è rimasta la Polizia a cercare di dare un senso all’accaduto. E l’ipotesi che gli uomini della Squadra mobile lavorano per confermare è quella di un allontanamento volontario del giovane, istruttore di rafting ed appassionato di softair.

Dopo giorni caratterizzati dall’assenza di riscontri (erano andate a vuoto anche le segnalazioni di avvistamenti a Roisan e Villeneuve), ad orientare le indagini verso questo scenario è stato un episodio risalente alla notte tra mercoledì e giovedì scorsi. Due giovani, che si stavano recando in una baita in Val Veny, hanno visto fuggire un ragazzo, con i “capelli lunghi legati”, rispondente quindi alla descrizione di Bonin. Nel casolare, i poliziotti hanno rinvenuto vari oggetti lasciati dietro di sé dalla persona che l’ha occupato temporaneamente. Tra questi, delle bottiglie, che – come ha confermato il questore Pietro Ostuni – “dovrebbero contenere tracce biologiche”.

Il lavoro sulla ricostruzione di quel codice genetico, per capire se si sia trattato proprio di Alex, è quanto sta impegnando la Polizia in queste ore. E’ l’elemento dal quale gli uomini di corso Battaglione si aspettano molto: gli oggetti rinvenuti non presentavano impronte digitali, ma se anche fosse stato, essendo Bonin incensurato, e quindi assente dai database delle forze dell’ordine, il confronto sarebbe stato impossibile. Relativa anche la rilevanza delle ciabatte trovate nella baita. “Al di là del fatto che i parenti non le abbiano riconosciute, – aggiunge il questore Ostuni – il numero non è di per sé indicativo, perché le ‘Crocs’ spesso si comprano anche di taglie più grandi della propria, affinché calzino più comode. Oltretutto, il 41 – specie nella popolazione maschile – è sufficientemente diffuso per non considerare, quell’oggetto, un ritrovamento significativo”.

A dare l’allarme sulla scomparsa, recandosi in Questura, era stata la moglie di Alex, sposata poche settimane prima. Il ragazzo aveva lasciato casa, portando con sé uno zaino contenente i suoi due telefoni cellulari (spenti da quel momento), un tablet sconnesso da Internet e del contante, dopo aver avuto una lite telefonica proprio con lei. L’ultima a vederlo, però, era stata un’amica della coppia, sentita più volte dagli inquirenti, che ha raccontato di averlo notato nei pressi del ponte di Chavonne nel primo pomeriggio di venerdì 17.

La stessa ragazza, quando le squadre di terra coordinate dal capo della Protezione civile Silvano Meroi erano ancora al lavoro, aveva indicato la zona di Machaby tra quelle apprezzate dal giovane, facendo sì che anche quel luogo venisse scandagliato alla ricerca di tracce, senza che però se ne trovasse alcuna. Ora, però, la risposta più attesa potrebbe arrivare dal dna, proprio come in alcune fiction dedicate a gesti inspiegabili, alle quali la vicenda somiglia parecchio, in particolare nell’assenza – per lo meno, alla luce del sole – dei “perché” ad un gesto tanto netto.

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