Più di un procedimento penale ha sancito che, in Italia, i proventi derivanti da illeciti non siano esenti da tasse. Dal Tribunale di Aosta, quest’oggi, giovedì 19 settembre, è giunta una ulteriore conferma. Accogliendo la richiesta del pm Luca Ceccanti, il giudice monocratico Maurizio D’Abrusco ha condannato il 53enne Stefano Albeltaro, residente in Valle, ad un anno e sei mesi di carcere per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
L’accusa era relativa agli anni 2013 e 2014. Per la Procura, l’imputato aveva evaso l’Irpef per un totale di oltre 755mila euro (316.493 nel primo anno e 438.570 in quello successivo). L’imponibile cui fa riferimento l’imposta è legato ai trascorsi di Albeltaro, che si occupava di amministrazione condominiale a Novara, dov’è nato. Dal 2014 vengono a galla, a seguito di numerose denunce, ammanchi sui conti correnti degli stabili seguiti dal professionista e l’uomo si trasferisce in Valle.
Non molto dopo, finisce a processo in Piemonte per appropriazione indebita dei fondi dei condomini, oltre ad altri addebiti (verrà condannato in primo grado a 4 anni di carcere nel 2016, con l’appello ancora pendente). Dalle quelle indagini scaturisce la verifica fiscale nei suoi confronti. Emerge il mancato deposito di modelli fiscali e l’imponibile sottratto al fisco viene ricavato dalle imputazioni penali novaresi: in tutto 1 milione 787mila euro (quasi 752mila per la prima annualità e 1 milione 35mila per il 2014).
Dicendo del metodo “induttivo” di valutazione della maxi-evasione, il pm Luca Ceccanti nella sua requisitoria ha sottolineato che, sulle appropriazioni, è “vero che non c’è sentenza definitiva, ma c’è quella di primo grado”. “È peraltro difficile, in questi casi, – ha continuato il rappresentante dell’accusa, chiedendo la condanna – ricostruire perfettamente”, ma “è pacifico che i redditi provenienti da attività illecite formano imponibile su cui vanno pagate le tasse”, oltre al ritenere che le imposte non versate “sono ampiamente sopra la soglia” di punibilità penale.
Una visione che il difensore dell’imputato, l’avvocato Riccardo Tacca, ha contrastato puntando a dimostrare l’inaccuratezza della determinazione della base fiscale attraverso la somma degli ammanchi contestati nell’altro procedimento, anziché con la verifica puntuale delle singole operazioni sui diversi conti correnti. “Il geometra Albeltaro non è uno stinco di santo. – ha affermato nella sua arringa – Però in questo processo abbiamo fatto uguaglianza tra appropriazione indebita e reato tributario: non è così”.
Secondo il legale, l’allora amministratore “effettuava dei giroconti” e “i soldi del condominio A venivano usati per coprire l’ammanco del B”, ma “non si possono usare quei movimenti per l’imponibile: non è possibile arrivare induttivamente al reddito”. Aggiungendo che “la movimentazione di denaro non è automaticamente” arricchimento, l’avvocato ha invocato l’assoluzione del suo cliente.
La tesi non ha convinto il giudice che, oltre alla reclusione, e ad una serie di interdizioni per l’imputato, ha stabilito la confisca dei beni oggetto del sequestro preventivo per equivalente chiesto dalla Procura di Aosta e disposto dal Gip del Tribunale durante l’inchiesta. Si tratta di due stabili, uno in Valdigne e l’altro a Novara, per un valore di circa 300mila euro. Altri beni o depositi, al momento di eseguire il provvedimento, non erano stati trovati nella disponibilità dell’imputato.