Delineato il quadro indiziario dipanatosi dal 2012 al novembre 2016, il Sostituto procuratore, Luca Ceccanti, sostanzia la sua richiesta di arresto con le “specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini in corso di svolgimento”. In particolare, riguardanti la necessità “di preservare il materiale probatorio”, perché “la genuinità dei numerosi atti di indagine che gli organi inquirenti si approssimano a compiere” si rivelerebbe “irrefutabilmente pregiudicata qualora il Rollandin, che ha dimostrato una spiccata tendenza ad alterare” quanto raccolto, “fosse lasciato libero di agire”.
Sugli sviluppi, il pm ritiene necessario il “districarsi della fitta trama di scenari che vedono coinvolto Augusto Rollandin, il cui ruolo” appare “definito solo in parte”. Questi sono indicati, tra l’altro, nella ricostruzione della trama dei rapporti tra l’ex Presidente e gli altri indagati (su tutti, Davide Bochet e Simone D’Anello), nell’accertamento del “ruolo sicuramente servente” di Accornero nei confronti di Rollandin e nell’approfondimento di numerose vicende, “tutte legate alla gestione di interessi pubblici rilevanti, in cui Rollandin sta svolgendo un ruolo di primo piano”.
Episodi che “se pur non tali da valicare, allo stato, la soglia indiziaria sufficiente per la ravvisabilità di fattispecie di reato, appaiono foriere di ulteriori sviluppi, proprio alla luce della indefessa attività svolta” dal politico, “a cui tutti si rivolgono per ottenere consigli, indicazioni, sostegno”. Per il Pubblico ministero, il pericolo di inquinamento delle prove “è elevato e concreto alla luce delle situazioni” emerse, “anche considerando che nonostante l’avvenuta conoscenza, da parte dell’indagato, dell’esistenza di indagini a suo carico derivante dall’avvenuta perquisizione subita (nel novembre 2017, ndr.), Rollandin non ha minimamente interrotto la sua attività di intromissione in molteplici vicende relativa alla gestione della cosa pubblica, intessendo rapporti complessi con imprenditori, amministratori pubblici, professionisti a lui legati”.
Nell’istanza di misura cautelare, il magistrato inquirente elenca quindi una serie di fatti che “oltre a delineare la figura di un vero e proprio ‘amministratore di fatto della cosa pubblica’ il quale, dettando costantemente le mosse a una pletora di soggetti a lui legati ed usufruendo di un contesto ove si embricano paura, soggezione, blandizie, ammirazione, servilismo, stabilisce indirizzi amministrativi ed orienta pubbliche e private fortune”. Fatti che “fanno emergere molteplici e gravi pericoli di vulnerabilità dell’acquisendo materiale probatorio”.
Nell’ordine, si tratta: delle vicende in cui emergono plurimi rapporti con il consulente del lavoro Matteo Frattini, “collaboratore di Gerardo Cuomo e personaggio estremamente attivo nell’acquisizione di posizione di potere nell’ambito dell’amministrazione regionale” (inizialmente indagato, con la sua posizione oggetto di stralcio alla chiusura dell’inchiesta); degli acquisti di fontine dalla “Latteria del Monterosa”; del rinnovo delle cariche della “Cervino S.p.A”; della separazione tra l’assessore Rini e il suo allora consorte; dei rapporti di Rollandin con un consigliere d’amministrazione di “Vallée d’Aoste Structure”; di questioni relativa alla “Società di servizi Valle d’Aosta s.p.a” e alla “Compagnia Valdostana delle Acque s.p.a”; delle influenze dell’ex Presidente all’interno dell’Unità Sanitaria Locale; del conflitto con “Vda trailers” e la nascita del trail “4K”.
Senza l’arresto, afferma nell’atto il sostituto Ceccanti, l’indagato “come ha già palesato fare” si “attiverebbe per imbrigliare i procedimenti acquisitivi probatori”, “utilizzando i suoi numerosissimi legami e l’opera di numerosi soggetti a lui legati da vincoli di riconoscenza e interesse”. A tale rischio, la Procura affianca, nella richiesta, quello di reiterazione del reato, “pacificamente sussistente” e rafforzato “da una certa vicinanza temporale ai fatti che rendono esplicita una notevole potenzialità criminale dell’indagato”.
Sul perché della custodia in carcere, il Pm motiva che una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari o altre, si rivelerebbe “manifestamente inadeguata, considerato che non sarebbe in grado di impedire la possibilità di porre in essere ulteriori condotte criminose” da parte dell’ex Presidente.
Il rigetto del Gip
Nelle ventotto pagine dell’ordinanza del 30 aprile di quest’anno, il Giudice per le Indagini Preliminari Colazingari osserva anzitutto che la richiesta formulata dall’Ufficio di Procura “non viene integralmente condivisa”. La ricostruzione dei comportamenti dell’indagato è “indubbiamente condivisibile”, risultando “evidenti i reiterati interventi di Rollandin a favore di Cuomo”. “Tali atti – aggiunge il Gip – appaiono in evidente contraddizione con i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà che caratterizzano la funzione”.
Tuttavia, “seri dubbi si pongono con riferimento alle utilità tratte dall’indagato in forza dell’ipotizzato patto corruttivo”. Per il giudice, “di scarso rilievo appare il cambio di due pneumatici dell’autovettura” del già Presidente, anche perché “emerge dagli atti che fu Accornero a chiamare Cuomo per sapere a chi potesse rivolgersi Rollandin per risolvere rapidamente il problema” alle gomme, “restando sostanzialmente estraneo l’indagato alla conversazione tra i due”.
Sulle utilità di stampo “elettorale”, è “fatto incontrovertibile” che “Cuomo abbia organizzato per Rollandin un comizio” all’interno “della propria azienda”, ma “le elezioni regionali si sono svolte nel maggio 2013”, mentre “l’interesse di Cuomo all’ampliamento dei locali in ‘Autoporto’ è databile alla fine” dello stesso anno, per cui il Gip ritiene lecito dubitare “che vi fosse a monte un accordo corruttivo avente ad oggetto le condotte successivamente poste in essere dal Rollandin”.
Il rischio di inquinamento delle prove, il giudice Colazingari rileva che “dal novembre 2016, nonostante l’indagato fosse ancora Presidente della Regione e nonostante il deposito” della perizia riguardante la rinegoziazione contrattuale del “Caseificio valdostano”, “non si sono registrati ulteriori interventi di Rollandin in favore del Cuomo”.
Pertanto, le “condotte che dovrebbero dimostrare il pericolo di recidiva specifica” risultano “così come ammesso dalla stessa Procura con estrema onestà intellettuale, connesse a vicende che non valicano, allo stato, ‘la soglia indiziaria sufficiente per la ravvisabilità di fattispecie di reato”. “Non si tratta quindi” – conclude il Gip Colazingari – di elementi che possono indurre “un giudizio negativo né specificatamente rivelatori di allarme sociale, né tali da denotare un pericolo attuale di recidiva specifica”. La richiesta di applicazione della misura cautelare è così stata respinta ed Augusto Rollandin è rimasto in libertà, arrivando alla notifica dell’avviso di chiusura indagini da candidato alle elezioni di domenica prossima.