Lesioni, minacce e danneggiamento ad un’anziana: condannato un assistente capo della Polizia

Si tratta di Gianpaolo Tripodi, 53 anni, in servizio presso la Polizia di frontiera. Indagini e processo scaturite da un episodio in piazza Zerbion, a Saint-Vincent, il 14 novembre 2015.
Tribunale di Aosta
Cronaca

Lesioni personali, danneggiamento e minacce sono le imputazioni che hanno portato oggi, giovedì 24 novembre, l'assistente capo della Polizia Gianpaolo Tripodi, 53 anni, a comparire dinanzi al giudice monocratico del Tribunale, Maurizio D'Abrusco, che al termine dell'udienza ha sentenziato per una condanna a un anno e due mesi di reclusione (pena sospesa), unitamente al pagamento delle spese legali e ad un risarcimento alla parte offesa, una 73enne di Saint-Vincent.

Le indagini, nate da un episodio risalente al 14 novembre 2015, avevano portato l'accusa (rappresentata in aula dal pubblico ministero Pasquale Longarini) a concludere che Tripodi si fosse lasciato andare a insulti nei confronti di Carlotta Chatrian, presa poi a strattoni e malmenata. Per gli inquirenti, l'uomo avrebbe tirato letteralmente fuori l'anziana fuori dalla Fiat "Panda" su cui era, in piazza Zerbion a Saint-Vincent, dopo essere stato urtato dalla donna con la ruota anteriore dell'auto.

Deponendo in aula, la 73enne si è però detta sicura del fatto che il contatto non fosse avvenuto e ha sostenuto il contrario, cioè che "è stato lui a dare subito un forte colpo sul mio parabrezza". L'automobilista ha ricordato poi che la manovra è avvenuta infilandosi in un posto auto libero, per il quale era aveva atteso qualche attimo. Nella stessa ricerca (di parcheggio) era impegnata anche l'auto sulla quale viaggiava il Tripodi (un'Audi, guidata dal nipote): dal dibattimento è emerso che la vettura si era piazzata dinanzi allo stallo scelto dall'anziana per posteggiare.

L'imputato, nella sua deposizione, ha ammesso il pugno sul parabrezza dell'auto, dato però sull'onda della preoccupazione generata dal "piede pestato con la ruota" dell'auto della donna e dalle "possibili conseguenze che avrei potuto riportare alla protesi all'anca". Tripodi ha poi riconosciuto le urla (e i toni esagerati), nonché di aver aperto la porta della "Panda", ma "la signora non l'ho toccata". A corredo della ricostruzione della dinamica, durante il processo sono state esaminate anche le immagini riprese dalle telecamere che videosorvegliano la piazza.

Uno sviluppo del dibattimento che, per il pubblico ministero Longarini, ha palesato forse un'imperizia da parte dell'anziana, nella manovra effettuata, ma non tale da giustificare la reazione dell'imputato, "che ripeto essere un assistente capo della Polizia". Il rappresentante dell'accusa ha quindi ricordato come il Tripodi – di fronte ad un eventuale torto – avrebbe potuto rivolgersi seduta stante alle forze dell'ordine, ma "non lo ha fatto, perché sapeva di essere in torto". Indi, la richiesta al giudice di condanna a quattordici mesi di reclusione.

L'avvocato Nilo Rebecchi, che assisteva la 73enne costituitasi parte civile, ha depositato la documentazione medica sui traumi riportati dalla donna, soffermandosi inoltre sul fatto che le certificazioni fossero sostanzialmente contestuali all'episodio, mentre la refertazione prodotta dal Tripodi è di "qualche giorno dopo", quando era già "nota la convocazione in caserma del nipote, da parte dei Carabinieri".

Il difensore di Gianpaolo Tripodi, l'avvocato Maria Rita Bagalà, aveva chiesto l'assoluzione del suo cliente, sostenendo l'assenza dell'elemento probatorio a suo carico, giacché "dai filmati delle telecamere non si vede alcuna aggressione, la compatibilità delle lesioni con i colpi che la signora lamenta è lei stessa a sostenerla". Tesi che non ha incontrato la condivisione del giudice D'Abrusco, che ha propeso per la colpevolezza dell'imputato, accogliendo integralmente la richiesta dell'accusa.

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