Nell’ordinanza del Gip il “film” dell’aggressione a Ferré

Il giudice Colazingari ha disposto i domiciliari per Camillo Lale Demoz, ritenendo che abbia colpito il macellaio in una lite innescata da cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza” di entrambi.
Procura della Repubblica, Aosta, pm Menichetti
Cronaca

Srotolano buona parte del “film” dello scorso 1° ottobre, giorno in cui la vita Olindo Ferré si è quasi spenta, le sette pagine dell’ordinanza con cui il Gip Giuseppe Colazingari ha disposto l’arresto, eseguito oggi, venerdì 11 gennaio, dell’impresario 75enne Camillo Lale Demoz, accusato di tentato omicidio del macellaio.

La lite a colpi di zappa

Secondo il giudice, il fotogramma decisivo della giornata, quello immediatamente precedente al soccorso del 68enne di Charvensod in condizioni disperate in un capannone in località Séran di Quart, è rappresentato da “una lite tra i due”, innescata da cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza” di entrambi.

Nel corso di quel violento diverbio, “il Lale Demoz ha colpito il Ferré” con una “zappa e relativo manico”. Colpi inferti “con estrema violenza”, che hanno provocato “la frattura del cranio” del 68enne, gestore della macelleria di famiglia con il figlio Primo. Modalità che, per il Gip, “non lasciano dubbi” sul fatto che” l’arrestato volesse uccidere o cagionare gravi lesioni, “come in effetti poi è avvenuto”.

L’incontro in mattinata

Stando a quanto ricostruito dalla Squadra Mobile della Questura di Aosta, coordinata nelle indagini dal pm Eugenia Menichetti, quel giorno Ferré ha raggiunto, verso le 11, il titolare di una società agricola, intento a pascolare il bestiame in un prato. I due si “erano dati appuntamento, in quanto” il macellaio “era interessato all’acquisto di una mucca”. Sul posto, poco dopo, era giunto anche Lale Demoz ed “i tre hanno bevuto del vino”. Sentito il 5 ottobre dagli inquirenti, l’impresario preciserà “quasi due bottiglie in tre”.

Lasciato l’allevatore, Ferré e il suo presunto aggressore, circa un’ora e mezza dopo, si allontanano a bordo dei rispettivi mezzi, per recarsi – si legge ancora – “nel capannone del Lale Demoz”. Là, i due “hanno continuato a consumare bevande alcoliche”. La Polizia arriva sul luogo, a seguito della segnalazione del 118, attorno alle 18.20. Gli agenti trovano il 75enne, “in evidente stato di ebbrezza” e con le scarpe macchiate di “rosso, presumibilmente sostanza ematica”.

La colluttazione e gli accertamenti

La successiva ispezione rivelava che “all’interno del capannone vi era stata una colluttazione”. In un angolo, una bottiglia semivuota e due bicchieri, oltre ad un tavolo e delle sedie “alcune delle quali a terra con segni più o meno profondi di danneggiamento”. “Occultato dietro ad altri attrezzi”, i poliziotti trovano poi “un manico in fibra di resina di colore giallo”, che presentava “sulla superficie numerose macchie rosse”, oltre alla testa di una zappa.

Gli accertamenti svolti dalla Polizia scientifica al riguardo hanno “consentito di accertare che le tracce rinvenute sulla scena del crimine sono riconducibili esclusivamente all’indagato ed al Ferré”. In particolare, all’impresario arrestato è risultata corrispondere la campionatura di sostanza ematica “effettuata in corrispondenza dell’estremità superiore del manico”. Le altre tracce, sul lato inferiore e sulla zappa, appartengono invece al macellaio.

Le esigenze cautelari

Mentre la Procura attende ancora gli esami commissionati ad un medico biologo, riguardanti tra l’altro alcuni indumenti sequestrati a Lale Demoz, il quadro denotato dal “film” dell’accaduto fa escludere al Gip “che sul posto fossero presenti altre persone” e lo induce a “ricondurre l’evento lesivo” (dal quale il macellaio non si è ancor oggi ripreso) “all’azione dell’indagato ed è evidente che i colpi inferti erano atti idonei a cagionare la morte” di Ferré.

Dopodiché, il magistrato valuta che “il pericolo di recidivanza è elevatissimo”, perché le circostanze ricostruite nell’inchiesta “rivelano come l’indagato, specie in conseguenza dell’assunzione di alcolici, non sia assolutamente in grado di controllarsi e possa commettere gravi delitti contro la persona”. Un pericolo “altresì attuale, trattandosi di fatti commessi in epoca recentissima”. Da qui, la scelta di accogliere la richiesta di misura cautelare chiesta dal pubblico ministero, disponendo gli arresti domiciliari.

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