Odio su Facebook, donna a processo per un commento sulle Sardine

Dovrà rispondere di diffamazione per aver scritto – reagendo al post di un consigliere regionale – che le Sardine “come tutti gli idioti hanno sempre la stessa espressione ebete”.
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Cronaca

Tutto inizia lo scorso dicembre, con il post su Facebook di un consigliere regionale che accusa le Sardine valdostane di voler “islamizzare le scuole”, corredato da uno “screenshot” dal gruppo del movimento, in cui appariva la foto del giovane portavoce, Mathieu Stevenin. La ridda di reazioni è immediata e in alcune non mancano insulti e apprezzamenti sull’aspetto fisico del ragazzo. Lui – convinto, come spiega a sua volta su Facebook, che “l’odio e il razzismo si combattono alzando la testa” – sporge querela e una donna, una 60enne residente fuori valle, andrà a processo per diffamazione.

La segnalazione originariamente depositata alla Procura della Repubblica riguardava tre autori di altrettanti commenti, ma con due di loro il 23enne valdostano, assistito dall’avvocato Ascanio Donadio, ha raggiunto un accordo: il ritiro della querela in cambio di un risarcimento e di una lettera di scuse. Uscite di scena queste due persone, l’ufficio inquirente ha disposto la citazione a giudizio della posizione rimasta aperta, relativa al commento per cui le Sardine “come tutti gli idioti hanno sempre la stessa espressione ebete”. L’udienza è stata fissata negli scorsi giorni, calendarizzandola per il 21 gennaio dell’anno prossimo, dinanzi al giudice monocratico Maurizio D’Abrusco.

Al di là dell’esito processuale, che verrà stabilito in aula, l’episodio ripropone la leggerezza con cui tanti, soprattutto non “nativi digitali”, approcciano i social, convinti che si tratti di un mondo “finto” ed, in quanto tale, senza regole. “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (novero in cui rientrano le reti sociali, ndr.)” – prevede il Codice penale all’articolo che disciplina la diffamazione – “la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro”. Conseguenze, a partire dal sostenere un processo, tutt’altro che virtuali.

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