Palagagliardi, contestato a ex Giunta Viérin e all’allora dirigente danno erariale di 500mila euro

Nuovo filone della vicenda aperto dalla Corte dei Conti e culminato stamattina nella relativa udienza. Secondo l'accusa esiste un nesso tra la condanna subita dalla Regione in tribunale e la condotta di chi ha gestito gli atti amministrativi.
Corte dei Conti
Cronaca

E’ una storia di ritardi, di delibere che slittavano, di autorizzazioni che non arrivavano e di mostre che saltavano. E’ una storia che, dopo tre gradi di giudizio e il ritorno in Corte d’appello nel 2013, è costata all’Amministrazione regionale un milione e settantunmila euro. Quella somma, secondo i Tribunali che l’hanno stabilita attraverso più sentenze, era il risarcimento dovuto alla società di gestione del centro fieristico “Palagagliardi”, per i danni conseguenti ai ritardi con cui la Regione ha rilasciato le autorizzazioni a svolgere le manifestazioni proposte, per il 1994 e 1995, dai gestori della struttura di Charvensod. Risarcimento versato dall’ente pubblico vent’anni dopo i fatti, tanto che è andato al curatore fallimentare della ditta, visto che il centro nel 1999 ha chiuso i battenti, dopo il tracollo economico.

Quel pagamento, però, non ha chiuso del tutto la vicenda. Anzi, ne ha aperto un nuovo filone, culminato stamattina nella relativa udienza. Per la Procura regionale della Corte dei Conti, infatti, l’uscita di quei fondi dalle casse della Regione, che avviene nel settembre 2014, concretizza un’ipotesi di danno erariale indiretto. La macchina della giustizia contabile si mette in moto: acquisisce gli atti dei processi già svolti, altri ne richiede all’Amministrazione regionale ed invita le persone coinvolte nella vicenda a dedurre.

L’accusa, esaurita l’istruttoria, conclude che emerge un nesso tra la condanna subita dall’ente pubblico e la condotta di chi, per suo nome e conto, ha gestito quei procedimenti amministrativi. Il danno, secondo l’allora procuratore Claudio Chiarenza (oggi ancora in forza negli uffici di piaza Roncas come vice) è più di un’ipotesi. E’ reale. Pertanto, sono proprio i protagonisti della vicenda – l’allora dirigente del Servizio commercio, contingentamento e zona franca Cesare Jans e i componenti della giunta regionale in carica in quel biennio, presieduta da Dino Viérin – a dover rifondere alla Regione la somma da questa versata al curatore della società già gestita da Luciano Gagliardi.

La ricostruzione della Procura regionale è minuziosa e include anche l’esatta ripartizione del danno: il 50% della cifra è a carico dell’assessore competente nella materia alla base della vicenda, cioé lo svolgimento delle manifestazioni fieristiche, Demetrio Mafrica; il 10% tocca all’ex dirigente Jans, mentre il restante 40% va suddiviso in egual misura tra gli altri componenti della Giunta di quel biennio (Dino Viérin, Massimo Lévêque, Roberto Louvin, Claudio Lavoyer, Elio Riccarand, Franco Vallet, Gino Agnesod, Roberto Vicquéry e Bruno Ferrero). Ferrero però è ormai deceduto, così come Mafrica. La loro posizione viene ovviamente stralciata e, con la citazione a giudizio dell’ottobre 2015, si arriva all’udienza di stamattina, per il recupero di poco più di 500mila euro.

Nella relazione introduttiva è stato ricordato come i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni (deliberate dalla giunta, a seguito del parere consultivo fornito da un Comitato presieduto dallo stesso Jans) abbiano fatto saltare in tutto cinque mostre: una nel 1994 e quattro l’anno dopo. L’esecutivo avrebbe dovuto dare entro il 31 dicembre il “via libera” per gli eventi dei dodici mesi successivi. Per il calendario 1994 succede in realtà nel febbraio di quello stesso anno (limitatamente a due fiere delle otto proposte dagli organizzatori, con le altre sei che vengono autorizzate a marzo). Nel 1995, con domanda presentata per quindici iniziative a gennaio 1994, la delibera arriva solo a marzo, cioé quattordici mesi dopo. In ognuno dei due anni, l’atto viene adottato a seguito di un primo esame (con bocciatura e rinvio a ulteriore seduta) da parte della Giunta. Per la Procura regionale della Corte, la somma dei ritardi di Jans (come presidente del Comitato chiamato ad esprimere il parere ed anche in qualità di dirigente degli uffici che dovevano istruire e predisporre gli atti) e della Giunta (nel protrarre l’adozione delle delibere di autorizzazione) è alla base delle manifestazioni cancellate e, quindi, del danno.

Per le difese (gli avvocati Fabrizio Callà per gli amministratori e Domenico Palmas per l’ex dirigente Jans), i convenuti sono stati chiamati in giudizio malgrado la prescrizione. Gli avvocati contestano alla Corte dei conti di essersi mossa solo dopo il pagamento del risarcimento, a fine 2014, mentre il danno era ipotizzabile sin dalla prima condanna riportata dalla Regione, ad inizio anni duemila, termine dal quale dovrebbe quindi, secondo la tesi dei due legali, decorrere la prescrizione, che sarebbe ormai intervenuta. “Il tempo è sempre rilevante. – ha detto l’avvocato Palmas – Cesare Jans (che oggi era l’unico imputato presente, assieme all’ex assessore Riccarand, nda) ha quasi ottant’anni ed è in pensione dal 1996. Com’è pensabile chiamare in causa una persona per condotte di vent’anni prima?”.

Quello dell’enormità di tempo trascorso è tuttavia l’unico punto sul quale le due linee difensive convergono. Dopodiché, l’avvocato degli amministratori ha insistito nello smentire lo scenario di una gestione autonoma della questione da parte della Giunta, con modifiche agli atti predisposti dagli uffici durante le sedute in cui l’organo collegiale li ha esaminati. “Nessuno, oltre all’assessore competente, – ha sottolineato l’avvocato Callà – poteva interloquire con gli uffici o gestire alcunché. Il fatto di non aver approvato tutte le manifestazioni elencate nelle bozze di delibere approntate dalle strutture derivava, per il 1994, da una comunicazione degli organizzatori che lasciava presagire una nuova domanda di autorizzazione, mentre per il 1995 si era in attesa del regime che sarebbe stato introdotto dalla legge regionale sulle manifestazioni fieristiche, la cui entrata in vigore era imminente”.

Per la difesa dell’allora dirigente Jans, invece, il ruolo dell’imputato non era così centrale, perché sovraintendeva agli uffici del settore, ma a quello che in particolare doveva predisporre le bozze di delibera erano preposte due ulteriori risorse. “Inoltre, – ha affermato l’avvocato Palmas – se la Giunta avesse approvato gli atti, come elaborati dagli uffici, nelle sedute in cui sono stati originariamente proposti, il ‘via libera’ sarebbe stato dato a gennaio di ognuno dei due anni. Ancorché in lieve ritardo, non ci sarebbero stati problemi organizzativi. L’Esecutivo ha deciso di rinviare l’adozione ed è in quel momento che s’interrompe, per effetto della scelta della Giunta, il nesso causale tra il dirigente Jans e il danno subito dall’Amministrazione”.

Tra eccezioni, osservazioni, precisazioni e repliche, il dibattimento è durato oltre tre ore e mezza, a testimonianza della complessità della questione. La sentenza verrà resa disponibile nei prossimi mesi.

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