Ritrovamento dei 25mila euro: Trevisan indagato per calunnia

03 Ottobre 2018

Nell’ambito del ritrovamento di 25mila euro in contanti negli uffici della Presidenza della Regione, il 22 giugno 2017, si sarebbe consumata una “composita attività calunniatoria”. Ad attuarla, per la Procura, l’allora segretario particolare del capo dell’Esecutivo di piazza Deffeyes, Donatello Trevisan. Il pm Luca Ceccanti, che ha chiuso le indagini preliminari, contesta al 44enne aostano di aver calunniato sia l’allora presidente Pierluigi Marquis (inizialmente sotto inchiesta e per cui è già stata depositata l’archiviazione delle accuse), sia il suo predecessore Augusto Rollandin.

False prove per incastrare Rollandin

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Trevisan – “essendo stato incaricato di effettuare le operazioni di trasloco della scrivania collocata nella stanza del presidente” ed “avendo reperito la somma di 25mila euro, divisa in 50 banconote da euro 500 in un cassetto” della stessa” – si sarebbe mosso affinché venisse accusato “falsamente il precedente presidente della giunta regionale valdostana”, Rollandin, “di delitti di corruzione e/o di altri delitti contro la pubblica amministrazione, simulando a carico dello stesso le relative tracce di reato”.

In particolare, il già segretario particolare avrebbe agito “procurandosi, o comunque rinvenendo” una carta di credito scaduta nel 2011, intestata all’ex presidente unionista, nonché alcuni fogli dattiloscritti a lui diretti, “attribuibili ad una associazione portatrice di ideali trascendenti, contenenti generici auguri politici”, assieme ad “alcune foto effigianti il Rollandin in occasioni pubbliche”. Tessera, fogli e immagini sarebbero stati fatti apparire “falsamente e contrariamente al vero, come rinvenuti unitamente al denaro”, con il fine di “sostenere mediaticamente e giudiziariamente l’ipotesi di collegamento della somma” al precedente titolare dell’ufficio al secondo piano di palazzo regionale.

Per il pm, Trevisan avrebbe inoltre dichiarato il falso alla Digos nelle ore successive al ritrovamento, sostenendo che “aveva rinvenuto, tutti uniti all’interno di una stessa busta collocata dietro l’ultimo cassetto a destra della scrivania” le banconote, la carta di credito, le foto e i dattiloscritti e che “aveva depositato tutti gli oggetti all’interno della stanza del presidente, lasciandoli in quel luogo fino all’arrivo di personale della Questura di Aosta”. Tuttavia, “come comprovato dagli accertamenti successivamente espletati”, il “denaro e gli altri oggetti non erano mai stati conservati in quel luogo”.

Le accuse a Marquis per scagionarsi

Nel corso delle indagini, Trevisan viene sentito dal pubblico ministero il 25 luglio 2017. In quell’occasione, è la tesi accusatoria, “al fine di sottrarsi alle proprie responsabilità quali emergenti dalle investigazioni fino a quel punto espletate”, avrebbe accusato falsamente Marquis, pur “sapendolo innocente”, del “delitto di calunnia”. Azione attuata, in particolare, sostenendo che l’allora Presidente “gli aveva chiesto di riferire, sin dai primi momenti del ritrovamento, che il denaro e la carta di credito erano stati trovati insieme, al fine di screditare politicamente Rollandin e accusare lo stesso del delitto di corruzione”, nonché di “altri delitti contro la pubblica amministrazione”.

Alla domanda del pm Ceccanti su chi gli avesse detto di riferire la versione che soldi e carta di credito erano insieme, Trevisan risponde: “il presidente Marquis”. Poi aggiunge: “Io non ho nessun problema a dichiarare la verità a questo punto. Sono arrivato in aeroporto (quel giorno il capo dell’esecutivo si era recato a Roma, ndr.) e ho subito riferito a Marquis dei 25mila euro, delle lettere e della carta di credito. Marquis mi ha detto: ‘certo che se emerge che era tutto insieme, politicamente ha un peso diverso’. Marquis ha detto: ‘se esce che c’è correlazione tra i soldi e la carta di credito Rollandin è politicamente morto’”.

Trevisan dichiara al sostituto procuratore dinanzi a lui di aver risposto al Presidente “che secondo me non c’era alcuna correlazione tra denaro ed altri oggetti”, ma Marquis “mi ha detto una frase che significava che bisognava fare uscire che denaro e altri oggetti rinvenuti si trovavano insieme. Non ricordo se mi ha detto di dirlo espressamente o mi ha fatto capire che bisognava farlo uscire così, ma il senso era quello”. Un’accusa senza mezzi termini. Verso colui di cui Trevisan era il più stretto collaboratore. Per il pm Ceccanti, un’accusa falsa, al fine di scagionarsi.

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