Tre mesi di tempo. E’ quanto è stato concesso all’Amministrazione regionale dal Consiglio di Stato per determinare le tariffe di trasporto pubblico locale "con cadenza annuale" per il periodo 1982-2001. I giudici di secondo grado hanno accolto infatti il ricorso promosso nei mesi scorsi da Savda. Se la Regione non rispetterà la sentenza sarà nominato quale commissario ad acta il Segretario generale della Regione che dovrà farsi carico di adottare la necessaria delibera. Se anche quest’ultimo venisse meno agli obblighi, con un ritardo superiore a 45 giorni, Savda dovrà tornare dai giudici per "chiedere la denuncia all’autorità giudiziaria del commissario ad acta e la liquidazione in via equitativa di una somma di denaro per ciascun giorno di ritardo".
Nel dicembre scorso Savda era tornata a rivolgersi al Consiglio di Stato dopo che la Regione non aveva dato corso alle tre precedenti sentenze dei giudici di secondo grado. Con l’ultima iniziativa la società di trasporto pubblico locale, ora passata in mano al gruppo anglo-tedesco Arriva, chiedeva anche l’annullamento della delibera del settembre 2015 con cui la Regione aveva provato a sanare la situazione. Il provvedimento confermava le tariffe adottate negli anni sottolineando che "Savda è sempre stata in grado di erogare il servizio senza ripercussioni sulla qualità dello stesso, né mostrando difficoltà finanziarie per sostenerne i costi". Delibera che il Consiglio di Stato, nella sentenza pubblicata ieri, dichiara nulla in quanto "appare essere mera reiterazione dei precedenti provvedimenti".
La querelle ha inizio 14 anni fa con il primo ricorso di Savda al Tar della Valle d’Aosta. La società sosteneva che l’Amministrazione regionale non avesse proceduto ad aggiornarne ogni anno le tariffe, dall’anno prima e, a ritroso, sino al 1982. Una “mancanza” che portava dritta alla pretesa di un risarcimento ad otto cifre, cioé 20 milioni 689 mila euro. I giudici amministrativi, un anno dopo, dichiarano inammissibile la richiesta, ma l’azienda non resta a guardare e, nel 2003, appella quella decisione.
Arriva così la prima sentenza del Consiglio di Stato, datata marzo 2009. I giudici amministrativi mettono nero su bianco che la Regione “doveva stabilire con cadenza annua le tariffe”, adempimento rimasto inosservato. In più, però, aggiungono che la “Savda” non ha diritto ad essere risarcita. Un verdetto che spinge la Regione ad agire per mettere fine alla questione. Passano tre mesi e, a giugno, l’Amministrazione comunica infatti all’azienda che, relativamente agli anni per cui sono assenti provvedimenti specifici, le tariffe “dovevano intendersi immutate rispetto all’anno precedente”.
Quella lettera spinge “Savda” a bussare ancora alla porta del Consiglio di Stato. I legali della società insistono sul fatto che la precedente sentenza è rimasta lettera morta, perché l’adeguamento tariffario, di fatto, non è stato effettuato. La tesi viene accolta dai magistrati amministrativi, nell’autunno del 2010. La Regione – è il senso del secondo dispositivo – deve procedere a rideterminare le tariffe per il periodo dal 1982 al 2001. Nei tre anni che seguono non si verificano evoluzioni significative e così arriva anche la terza sentenza del Consiglio, risalente al 2013, che ripete e ribadisce la decisione del 2010. L’ultima sentenza, ieri, che dovrebbe sancire la parola fine alla vicenda.
