Si è chiuso oggi, martedì 18 marzo, con l’assoluzione dell’imputata il processo ad una donna di Varese che era accusata di diffamazione, per aver scritto un post Facebook dopo aver notato, durante una vacanza a Châtillon nel 2021, un cane tenuto sotto il sole sul balcone di un’abitazione. La vicenda aveva fatto parlare molto, per la “shit-storm” sollevatasi sul social a seguito del messaggio, tanto che la padrona dell’animale aveva scelto di denunciare l’autrice e di costituirsi parte civile.
L’imputata, temendo che l’animale non stesse bene e ritenendo che le autorità (che lei aveva informato via mail durante il soggiorno) non stessero intervenendo, aveva pubblicato una foto dell’abitazione (resa così individuabile), invitando a inviare una mail al comando della Polizia locale della cittadina della media valle. Ne erano seguiti messaggi da tutta Italia e, persino, visite al domicilio dei proprietari del cane (sbigottiti perché, non essendo sui social, non sapevano del post).
In realtà, durante il processo è emerso che la Polizia locale aveva compiuto un sopralluogo, dal quale non erano emerse criticità legale alle condizioni dell’animale. La padrona dell’animale aveva spiegato agli agenti intervenuti che Utah (questo il nome dell’incrocio tra un border collie e un pastore) era tenuto sul balcone, in condizione comunque di essere libero di entrare e uscire, per evitare che mangiasse l’erba del prato del giardino, visti alcuni problemi gastrointestinali.
La pm Antonia Rombolà ha chiesto la condanna dell’imputata ad una multa di 1.500 euro. Il legale di parte civile (l’avvocata Elisa Benettazzo, in aula in sostituzione della legale aostana Valeria Fadda) si è associata, invocando un risarcimento di 20 mila euro e sostenendo che il post andasse oltre il diritto di critica. Il difensore dell’imputata, l’avvocato Vincenzo Toscano, aveva sollecitato l’assoluzione, vedendo la mancanza dei requisiti del reato.
Il giudice monocratico del Tribunale di Varese ha deciso per l’assoluzione riconoscendo la “scriminante putativa”, vale a dire il fatto che l’imputata abbia agito nella convinzione di un reale pericolo del cane. I proprietari di Utah, presenti quest’oggi in aula, si dicono profondamente delusi dalla sentenza, perché l’esito processuale odierno non farà che corroborare una sensazione di impunità rispetto alle condotte sui social network. Le spese legali sono state poste dal giudice a carico dell’imputata.
“Shit storm” social sulle condizioni di un cane in Valle: un processo a Varese
17 Aprile 2024 – ore 10.31
Un processo che, in qualche modo, è segno dei tempi in cui viviamo. E’ quello in corso dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Varese, Alessandra Sagone. La vicenda risale al 2021 e ha origine dal post Facebook di una varesina che, durante una vacanza in Valle – per la precisione a Châtillon – nota un cane tenuto sul balcone di un’abitazione dinanzi al suo luogo di soggiorno.
Fotografa la situazione, temendo che l’animale non stia bene, e spedisce le immagini alla polizia locale del paese. Una volta tornata a casa, a Varese, fa un post con foto dell’abitazione, indicando anche l’indirizzo del luogo ed invitando ad inviare una mail al comando della Polizia locale. Il risultato, come quasi sempre quando si fa leva sul “ventre molle” dei social, è una “shit-storm” non indifferente.
Messaggi, telefonate, mail alla Polizia locale e ai Carabinieri, da tutta Italia, per segnalare ciò che per chiunque era reato. Quando gli agenti municipali organizzano un sopralluogo a casa della residente, però, trovano il cane in ottime condizioni di salute. Lei spiega che Utah (questo il nome dell’incrocio tra un border collie e un pastore, le cui foto hanno fatto il giro del Paese) veniva tenuto sul balcone (dov’era comunque libero di entrare e uscire) per problemi gastrointestinali affinché non mangiasse l’erba del prato del giardino.
La misura, per la giovane padrona del cane, che nel mentre aveva addirittura ricevuto visite di persone che le chiedevano conto del suo comportamento (e, non essendo sui social, non sapeva del post), è colma. Presenta un esposto per diffamazione aggravata alla Procura di Aosta e, per competenza territoriale (all’udienza al Tribunale di Aosta, il difensore eccepisce il fatto che il post fosse stato scritto al rientro in Lombardia), il processo all’autrice del post arriva a Varese.
La donna, assistita dall’avvocata Valeria Fadda, si costituisce parte civile. Nell’udienza di ieri, lunedì 16 aprile, è stato sentito il vice commissario della Polizia locale associata di Châtillon e Saint-Vincent, che ha spiegato come, non appena ricevute le prime mail e segnalazioni, venne organizzato un sopralluogo, che non ha restituito criticità legata alle condizioni dell’animale.
Utah è tutt’ora in vita e ha oggi 8 anni. Secondo la difesa dell’imputata (l’avvocato Vincenzo Toscano), il post su Facebook è stato fatto perché la risposta della polizia locale alla mail con cui la donna denunciava la sofferenza dell’animale è giunta otto giorni dopo la segnalazione: una risposta tempestiva non avrebbe creato allarme sul destino del cane. Il vice commissario sentito a processo, che ha prodotto oltre quattordici mail arrivate al comando, ha parlato in aula di “tempi tecnici”, respingendo tra le righe tale addebito.
Il processo proseguirà il prossimo 12 novembre. “Preciso che il reato che tutti segnalavano – dice l’avvocata Fadda (sostituita in aula dalla collega Elisa Benetazzo) – non c’è mai stato. Il cane è sempre stato tenuto benissimo. Ieri la veterinaria è venuta a testimoniare sulla salute dell’animale ed anche la Polizia locale ha controllato”. Insomma, al di là di come si chiuderà processualmente, l’ennesima vicenda che rimette l’accento sulla necessità di consapevolezza nell’uso dei social.
4 risposte
Questa persona magari è la stessa che passa oltre se vede a Varese dei senzatetto che dormono per strada, tre casi di morte in una settimana in quella città nel 2024.
Scrivere in italiano anzichè usare anglesismi come shit storm? Si vuole più o meno scientemente impoverire la nostra lungua a vantaggio di una colonizzazione anche linguistica d’oltreoceano, come se questa non fosse già abbastanza soffocante.
che cervelli
L’uso consapevole dei social, questo sconosciuto!
Va bene che dobbiamo sapere l’inglese ma è veramente necessario utilizzare un modo di dire che rimane pur sempre volgare in un articolo di giornale???