Spaccio di cocaina e tentata estorsione: tre anni di carcere a muratore di Saint-Vincent

Si è chiuso nella mattinata di oggi, venerdì 16 febbraio, il processo a carico di Pasquale Cirelli, muratore 48enne di Saint-Vincent che nel giugno 2017 era stato arrestato dai Carabinieri, poi tornato in libertà nell’ottobre successivo.
Tribunale di Aosta
Cronaca

Si è chiuso oggi, venerdì 16 febbraio, con una condanna a tre anni di carcere il processo a Pasquale Cirelli, 48enne di Saint-Vincent che il 17 giugno 2017 era stato arrestato dai Carabinieri di Châtillon/Saint-Vincent, poi tornato in libertà nell’ottobre successivo, perché accusato di tentata estorsione e spaccio nei confronti di una professionista della media valle. Nel sentenziare, il giudice monocratico Marco Tornatore ha inflitto anche all’uomo una multa da 4mila euro.

La vicenda era nata dalla segnalazione dei genitori della donna, che avevano fornito ai militari del Nucleo Operativo Radiomobile un elenco di assegni emessi dalla figlia all’imputato, di professione muratore. Lei, testimoniando, aveva spiegato di aver conosciuto Cirelli tra il 2014 e il 2015, perché “compravo cocaina da lui”. Aveva quindi sostenuto di “pagare in contanti, ma se mancava qualcosa veniva ‘segnato’. Entrambi tenevamo conto del mio debito, ma non corrispondeva mai. C’era sempre da litigare. A me risultava chiuso e c’era continuamente del pregresso”, con lui che “continuava a chiedere assegni per il ‘debito vecchio’”, malgrado gli acquisti non avessero superato “all’incirca, una ventina di grammi”, al prezzo di cento euro l’uno, quindi per un totale di duemila euro.

Secondo la donna, Cirelli ad un certo punto le aveva detto: “non ti metto la corda al collo, però vado in ufficio da tuo padre e faccio casino”. Un argomento di fronte al quale la professionista ha affermato di aver “emesso gli assegni, nell’arco di quattro o cinque mesi”, incassati dal destinatario per 30mila euro e “la somma che secondo lui restava ancora da pagare era più o meno la stessa”. Deponendo, i genitori della professionista hanno raccontato che Cirelli una sera aveva suonato al citofono della loro abitazione e che, in un’altra occasione, si era recato sul posto di lavoro del padre.

In quell’occasione, il genitore aveva chiamato i Carabinieri, ma il dialogo era stato “civile” e quindi aveva poi fatto rientrare l’allerta. In un’ulteriore occasione, è emerso dalle deposizioni, un’altra richiesta era stata avanzata tramite una lettera, il cui contenuto era: “veda di far ragionare sua figlia”. Nella fase dibattimentale del processo, il legale dell’imputato aveva rinunciato ai testimoni chiamati a sostegno della posizione del suo assistito, con la versione difensiva dell'accaduto – assistito dagli avvocati Arturo Valente e Antonio Flora – arrivata quindi nell’arringa di stamattina.

“Persona laureta, lucida, – ha detto l’avvocato riferendosi alla donna – non è stata in grado di spiegare il perché di tutti quegli assegni” e quando i genitori ne hanno preso coscienza “ecco che scatta l’idea di simulare un’estorsione”. “I genitori – ha aggiunto – avevano paura di Cirelli sulla base di quello che ha detto loro la figlia, ma lui è incensurato”. Relativamente alle cessioni di stupefacenti, l’unica effettuata alla professionista sarebbe stata di venti grammi “nell’arco di un anno”. Argomenti che, per il difensore, valevano l’assoluzione dell’imputato.

Poco prima, il pubblico ministero Eugenia Menichetti aveva ribadito come l'accusato si fosse, secondo quanto emerso dalle indagini, reso responsabile di aver minacciato la donna di rivelare ai suoi genitori che consumava cocaina, spingendosi a intimidazioni anche nei confronti del padre, per "farsi consegnare parecchi assegni". La rappresentante dell’accusa, chiedendo di ritenere colpevole l’imputato, punendolo con tre anni di detenzione e 4mila euro di multa (misura su cui poi il giudice Tornatore ha concordato), ha quindi sottolineato come la donna, all’epoca dei fatti, fosse “tossicodipendente, soggetto sicuramente più fragile”. Dalle indagini dei Carabinieri, a carico di Cirelli era scaturita anche l’accusa di usura, oggetto però di altro procedimento.

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