“A questo punto, anche noi accusiamo”. Letto il comunicato della Camera penale del Piemonte occidentale e Valle d’Aosta, diffuso all’indomani del suicidio nel carcere di Torino di una detenuta arrestata nella nostra regione e accusata di violenza sessuale in concorso con il marito, Magistratura Indipendente non ci sta.
Per voce della sua segreteria distrettuale, la più antica delle correnti interne all’Associazione nazionale magistrati, respinge e rovescia le accuse, definendo quelle dell’organismo di rappresentanza degli avvocati “affermazioni pretestuose, infondate, generiche e prive di argomentazioni in relazione all’attività della magistratura all’evidente fine – non se ne vedono altri – di screditarne l’immagine”.
“Accusiamo la Camera penale – scrivono le toghe di Mi – di avere strumentalmente utilizzato una situazione tragica – che vede i magistrati coinvolti in prima persona, attraverso scelte professionali delicate, complesse e sempre effettuate nell’interesse supremo della giustizia, come pericolosi autori di abusi (senza che di tali abusi si faccia specifica menzione e si portino elementi di conferma degli stessi, indicando chi, quando, come e perché́ sarebbero stati commessi) – al fine di delegittimare l’operato della magistratura tutta”.
Magistratura indipendente rimprovera poi la sede di rappresentanza degli avvocati anche “di essersi dimenticata di sottolineare il carico di lavoro degli uffici giudiziari, che inevitabilmente condiziona i tempi delle risposte che il sistema nel suo insieme è in grado di fornire”. “Accusiamo la Camera penale, soprattutto, – si legge ancora – di avere formulato una critica all’attività giudiziaria senza fondarla su elementi precisi, concreti e specifici”.
“Noi ci sentiamo liberi – doverosamente liberi – concludono le toghe di Mi – di essere vicini ai colleghi che, con dedizione e professionalità, ogni giorno si impegnano per garantire una seria e puntuale applicazione della legge, a tutela dei cittadini tutti, liberi e detenuti”.
Le parole della Camera penale
Nella sua presa di posizione della scorsa settimana, all’indomani del gesto estremo in cella, la Camera penale “Vittorio Chiusano” aveva sottolineato – in un comunicato firmato dal Consiglio direttivo e dall’avvocato Davide Mosso, componente dell’Osservatorio carcere dell’UCPI – che “di fronte all’incessante serie di suicidi, l’ultimo di ieri nel nostro istituto torinese, e all’inaccettabile immutabilità delle cose, è giunto il momento della responsabilità”.
Da lì, la serie di accuse degli avvocati, nei confronti di una pluralità di soggetti. Alle forze politiche (“di non voler intervenire per rendere umane le condizioni di donne e uomini detenuti”), ai magistrati del merito (“che, sordi alle condizioni delle carceri, continuano nell’abuso dell’utilizzo della custodia cautelare”), alla magistratura di sorveglianza (“che si limita al burocratico smaltimento dei fascicoli, con tempi incompatibili con l’attenzione alle persone”).
La Camera penale aveva poi puntato il dito contro “quegli agenti di polizia penitenziaria che si rendono autori di fatti di violenza”, contro il sistema penitenziario che non prevede “l’utilizzo di risorse e idee per rendere almeno dignitose le condizioni di chi si trova in carcere” e contro Governo e Parlamento, per il “non adottare misure di legge con effetto immediato che consentano di ridurre subito la popolazione carceraria”.
“Coloro che, a vario titolo, contribuiscono ad alimentare il sovraffollamento carcerario – si concludeva il comunicato della Camera penale – e che, pur rivestendo ruoli e mansioni decisive, non adottano provvedimenti, generali o per la singola persona, in grado di mitigare l’attuale drammatica situazione, si sentano liberi di valutare le proprie responsabilità”. Parole che hanno suscitato la reazione di Magistratura Indipendente.