Tredici milioni di euro. E’ la somma che dovrà pagare l’ingegnere Alberto Devoti, 69 anni di Aosta, per il trenino di Cogne, mai entrato in funzione, secondo quanto stabilito dalla sezione giurisdizionale della Valle d’Aosta della Corte dei Conti presieduta da Gianfranco Busetti.
Il procuratore regionale Claudio Chiarenza aveva chiesto per Devoti una condanna a 14 milioni e 669 mila euro.
L’Ingegnere Devoti era stato scelto dalla Regione nel 1985 come progettista e direttore di lavori e professionista incaricato dalle realizzazione delle opere.
Nel 2006, in previsione dell’apertura della tranvia, la Regione aveva anche stipulato con la Pila Spa un contratto, per la gestione della stessa, la cui attivazione sarebbe stata possibile solo dopo, la consegna del materiale rotabile, l’effettuazione dei collaudi e l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio.
Nell’ottobre 2007 la Pila Spa aveva però trasmesso alla Regione una relazione nella quale erano evidenziati una serie di problemi relativi allo stato dei binari, al distacco di materiale di rivestimento della galleria denominata del Drinc ed alla messa in servizio del materiale rotabile. La Giunta regionale aveva quindi deciso di nominare una Commissione di valutazione per fare luce sulle problematiche della tranvia. I tecnici incaricati dall’amministrazione regionale nel settembre del 2008 confermarono le criticità sul progetto e sulle opere, già in parte evidenziate dalla Pila Spa.
In totale la Regione, in più di 20 anni, spese per la realizzazione della tranvia Cogne – Charemoz – Plan Praz, 29 milioni e 339 mila euro.
Difesa e accusa
Nella sua difesa l’ingegnere Devoti aveva chiamato in causa anche altri soggetti: organi della Regione e del Ministero dei Trasporti, nonché le ditte affidatarie dei lavori.
Durante il dibattimento era stata affidata una consulenza tecnica d’ufficio a Stefano Ricci, professore associato presso la facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale (DICEA) dell’Università di Roma “La Sapienza mentre la difesa aveva chiesto il supporto dell’ingegnere Dario Zaninelli.
Gli avvocati di Devoti avevano sottolineato nella propria difesa che, in base alla relazione del consulente d’ufficio, “l’opera non era radicalmente inutilizzabile; che i vizi erano parziali; che i locomotori erano astrattamente idonei, ma non lo erano in concreto per errore dell’azienda che li aveva forniti.”
Inoltre era stata avanzata richiesta di parziale prescrizione, per i lotti collaudati prima del quinquennio anteriore alla notifica dell’atto di citazione. Ipotesi rigettata dal procuratore regionale in considerazione dell’unitarietà dell’opera.
La difesa infine aveva sottolineato come non sussistesse la colpa grave, “per la galleria del Drinc, l’ambiente era aggressivo; il collaudo è stato positivo, ma dopo non c’è stata manutenzione.” Cosi come per l’impianto di ventilazione e l’armamento ferroviario.
Per il Pm invece il danno è di risultato ed è emerso solo nel 2006 con il collaudo del complesso dell’opera, per la quale Devoti aveva ricevuto un incarico di progettazione complessiva. “Tutto è infatti firmato dal Devoti – aveva spiegato Chiarenza – anche il progetto del locomotore, anche gli stati di avanzamento dei lavori.”
La sentenza
Il collegio giudicante, nella sentenza pubblicata oggi, ha accolto quindi le richieste del Pm. “La sussistenza del danno è incontestabile (e incontestata) – scrivono i magistrati – alla luce dei risultati, insufficienti a consentire l’uso della ferrovia in questione.”E’ ovvio che un’opera, che venga correttamente progettata e correttamente realizzata, non possa che essere pienamente funzionale, fatta salva l’ipotesi dell’intervento di fattori imprevedibili o incontrollabili”. Ma di quest’ultimi secondo i magistrati non c’è traccia negli atti e non si possono considerare tali le difficoltà ambientali, “dal momento che esse erano perfettamente conoscibili”.
Il colpevole per “la non utilizzabilità dell’opera, così come è stata realizzata” va quindi individuato secondo i magistrati in Devoti, definito nella sentenza “dominus della situazione”.
Per i giudici contabili “emergono errori o carenze di progettazione ed esecuzione” ma anche un “coordinamento inadeguato, che ha portato ad un risultato finale causativo di danno erariale”. Cosi come sottolineato dall’ingegnere Ricci, i magistrati ricordano come “l’inutilizzabilità del trenino non è radicale, ma per ovviare ad essa si renderebbero necessari rilevanti interventi, per un esborso di diversi milioni di euro.” (nella migliore delle ipotesi almeno 5 milioni di euro).
Alla richiesta del Procuratore generale infine i giudici, tenendo conto della decisione della Giunta regionale dell’agosto scorso di dichiarare inservibile l’opera, hanno deciso di “applicare una diminuzione, da valutarsi in via equitativa, al fine di tenere conto di quanto si potrà ricavare all’alienazione di ciò che resta.”