Uranio impoverito, il Ministero condannato non risarcisce

L'Alpino cui erano stati riconosciuti 103mila euro per il linfoma diagnosticato dopo le missioni in Kosovo ed Afghanistan si rivolge nuovamente al Tar, che torna a dargli ragione.
Mezzi militari - foto d'archivio
Cronaca

Si era visto riconoscere la somma di 103mila euro, quale risarcimento dei danni conseguenti al linfoma di Hodgkin diagnosticato al rientro da alcune missioni all’estero nell’Esercito, ma il Ministero non ha pagato. Così, un Alpino 36enne di origini valdostane si è rivolto, per la seconda volta, al Tar, che ha accolto anche il suo nuovo ricorso.

La questione è stata discussa in udienza il 12 dicembre scorso. Nel settembre 2017, i giudici amministrativi avevano condannato il Ministero della difesa a versare al soldato 103mila euro, quale compensazione dell’invalidità permanente e temporanea cagionategli dalla patologia. Il soldato, tra il 1999 e il 2008, aveva preso parte, nei reggimenti “Susa” e “Morbegno”, alle missioni di pace in Kosovo e in Afghanistan, in cui “vennero con continuità impiegate” delle “armi che utilizzavano munizioni contenenti uranio impoverito”.

Dopo essersi sottoposto, tra il 2011 e il 2012, a vari cicli di chemioterapia ed interventi per la malattia manifestatasi nel mentre, l’Alpino era stato destinato a mansioni non più operative, ma impiegatizie. Il Ministero aveva riconosciuto la causa di servizio dell’invalidità, corrispondendogli un “equo indennizzo” (e certificando così, per i magistrati del Tar, che la patologia era “dipesa dall’esposizione all’uranio impoverito”), ma non il risarcimento danni, per cui il militare aveva bussato alla porta del tribunale amministrativo.

La sentenza del 2017 è divenuta esecutiva (in assenza di appelli) il 20 marzo di quest’anno e, un mese dopo, a fronte dell’inerzia ministeriale, il 36enne ha nuovamente cercato giustizia, ricorrendo ancora. Nonostante un atto di impegno emesso in giugno, all’udienza del 12 dicembre il militare non risultava ancora aver ricevuto il risarcimento. Da qui, l’ordine dei magistrati al Ministero – messo nero su bianco in sentenza – di “conformarsi esattamente al giudicato” precedente e di “corrispondere quanto disposto”.

I giudici hanno inoltre nominato, quale “commissario ad acta” nella questione, il dirigente dell’ufficio per la Valle d’Aosta della ragioneria dello Stato (o un suo delegato), che “in caso di perdurante inottemperanza dell’amministrazione, provvederà al pagamento” al ricorrente, “ponendo a carico del Ministero le eventuali spese sostenute”. Verosimilmente, per il 36enne finiranno le inadempienze dello Stato che lui non ha esitato a servire anche all’estero, ma quante energie (e risorse economiche) richiede far valere i propri diritti?

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