Le difficoltà dei proprietari immobiliari nel far valere le loro ragioni nei confronti degli inquilini inadempienti non fanno quasi più notizia. Se casi del genere un tempo erano isolati, oggi l’esasperazione di chi non riesce a rientrare in possesso di un alloggio, o a vedere soddisfatte le condizioni poste al locatario, fa sì che sempre più spesso approdino nelle aule di Tribunale. Non tutti, però, si concludono con l’esito sperato: ad Aosta è accaduto stamane, con l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” di un cinquantaduenne accusato di truffa ai danni del locatore di un’abitazione nel capoluogo regionale, arrivato a denunciarlo.
Siamo a fine 2016. “Avevo messo un annuncio per affittare l’alloggio. – ha raccontato al giudice il proprietario – Si è presentata questa persona, dicendo che la casa gli piaceva e che sarebbe stata occupata da un’anziana” che era con lui quel giorno, sua madre. “Gli ho spiegato che avrei fatto un regolare contratto e ho chiesto una cauzione pari a tre mesi di canone”, da riconoscere attraverso una fidejussione. In seguito, l’interessato si ripresenta, sostenendo che la procedura bancaria “aveva tempi lunghi” e “mi ha proposto un assegno dell’importo delle mensilità da anticipare”, cioè 1440 euro. Al momento di datarlo, “aveva messo 31 gennaio, perché voleva prendere tempo”.
Nel mentre, con un altro assegno “mi ha pagato l’affitto di dicembre”, che “ho regolarmente versato”. In gennaio, i 480 euro pattuiti non arrivano interamente e l’uomo comunica che “per la fidejussione aveva problemi”. Il proprietario, preoccupato, porta all’incasso il titolo ricevuto in cauzione, ma non ottiene l’accredito della somma: “l’assegno è risultato scoperto”. “Ho continuato a scrivergli SMS, a cercarlo. – è proseguita la testimonianza in aula – La donna nell’alloggio, ad un certo punto, ha anche detto ‘non posso mica continuare a pagare l’affitto di una casa dove non c’è il balcone’”.
La preoccupazione del padrone di casa è massima e, tra marzo e aprile 2017, “mi sono rivolto ad un avvocato”. Nel frattempo, il cinquantaduenne che aveva risposto all’inserzione “mi ha mandato una lettera di disdetta” del contratto di affitto, assicurando “che la signora sarebbe andata via” dall’alloggio. “’Così sei tranquillo’, mi ha detto, – ha concluso sconsolato l’uomo – ma lei non lasciava la casa e son dovuto ricorrere allo sfratto”. Ha quindi testimoniato l’Ispettore di Polizia occupatosi dell’indagine: dagli accertamenti bancari condotti è emerso che, nel mese di febbraio (cioè dopo il tentativo d’incasso), il titolare del conto aveva chiesto “l’annullamento dell’assegno” emesso, a seguito della “sua distruzione”.
Per il pm in aula, Sara Pezzetto, era “pacifico” che l’imputato avesse “commesso truffa ai danni del querelante”, ricorrendo anche “all’anziana madre”. “Ha preso i contatti e ha continuato a tergiversare” ha affermato il rappresentante dell’accusa, chiedendo 8 mesi di reclusione e 300 euro di multa per l’imputato. Una tesi cui l’avvocato Tony Latini, difensore del 52enne, si è opposto sostenendo, anzitutto, l’assenza degli elementi caratterizzanti del reato di truffa, perché “il contratto non era intestato a lui, ma alla madre”.
Quindi, ha sottolineato l’assenza della “volontà preordinata di non pagare”, perché “l’assegno è stato emesso con il consenso della persona offesa e, se postdatato, perde il valore di titolo esecutivo”. In ogni caso, è un “mezzo di pagamento”, non un “titolo di garanzia”. Dopodiché, “il conto corrente” del cliente “non era protestato, funzionava”, tanto che l’altro assegno da 480 euro “è stato incassato”. Per il legale, era una “questione civilistica”, non penale. Argomenti (almeno in parte) fondati, alla luce dell’assoluzione decretata poco dopo dal giudice monocratico Marco Tornatore, che lasciano però la porta aperta alle tante domande dipinte sul volto perplesso del proprietario mentre usciva da Palazzo di giustizia.