Tenere viva l’attenzione di circa un centinaio di studenti delle scuole superiori, per un paio d’ore, è un’impresa ardua. Se poi la proposta è un approfondimento musicale sull’Inno di Mameli, la missione potrebbe diventare quasi impossibile da portare a termine. E invece questa mattina Michele D’Andrea, storico di formazione, esperto di araldica e di cerimoniale con alle spalle una carriera direttiva alla Presidenza della Repubblica, ci è riuscito brillantemente.
La lezione
“Abbiamo uno degli inni più belli del mondo, che ha un unico problema: quasi sempre è suonato da cani”. Con queste parole, il relatore è riuscito subito a conquistare la simpatia dei ragazzi partecipanti all’incontro “L’Inno svelato”, organizzato dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta nell’ambito delle iniziative dedicate al 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
“Per esigenze militari – ha continuato D’Andrea – è stato ridotto a marcetta, in modo che possa essere suonato dalla banda in movimento, ma in realtà andrebbe proposto in tutt’altra maniera”.
Inoltre, secondo D’Andrea, la gente sa poco o nulla della sua genesi. Così lo storico ha cercato di colmare le lacune degli spettatori ripercorrendo la storia del Risorgimento attraverso le curiosità legate proprio all’inno nazionale, attorno al quale ruotano aneddoti che ne hanno accompagnato la nascita, il successo, il significato e l’attuale percezione. “Molti si chiedono perché non sia stata scelta un’opera di un grande compositore – ha spiegato – a questo proposito bisogna ricordare che il primo progetto commissionato nel 1848 da Mazzini e scritto da Goffredo Mameli (morto a ventuno anni in seguito ad una ferita da arma da fuoco riportata in combattimento, ndr), fu musicato dal grande Giuseppe Verdi: la sua popolarità si spense in meno di un mese, perché non riuscì a far breccia nel cuore della gente”.
Andò meglio al tentativo seguente, con nuovo testo scritto sempre da Mameli, ma musicato questa volta da Michelino Novaro, tenore e teatrante genovese trapiantato a Torino. “Funzionò perché riuscì nell’intento di arrivare dritto alle persone suscitando in loro uno spirito di forte aggregazione e di comunità”. Una formula universale che D’Andrea ha provato a proporre, con successo, anche al giovane pubblico in sala, sollecitando un’esecuzione corale del “Canto degli Italiani”.
Il dibattito
Un entusiasmo patriottico che però è durato poco, perché nel dibattito successivo alcuni ragazzi hanno preso le distanze rispetto “all’orgoglio di sentirsi italiani”.
“Non si tratta di essere valdostani, italiani o stranieri – ha spiegato uno studente seduto in seconda fila – semplicemente credo sia più giusto sentirsi legati a determinati valori come la pace o l’amore, che vanno al di là dei confini nazionali e del concetto di patria”. A fargli eco, un altro giovane che, ha rilanciato: “La politica poi, da che parte sta? Che cosa significano quei pannelli pubblicitari che recitano: “150° anniversaire – Rien à fêter”?.
Pronta replica del presidente del Consiglio Alberto Cerise, che ha spiegato: “Siamo in democrazia e tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni. Ricordiamo comunque che il concetto di patria è legato non solo al senso di appartenenza alla terra dei nostri cari, ma anche e soprattutto a quei valori su cui si basa la nostra società. Sono spunti di riflessione molto interessanti, soprattutto in questo particolare momento storico in cui l’unità del paese è di nuovo a rischio, sui quali credo sia necessario tornare in futuro con i giovani”.