Grande attesa ieri al Palais di Saint-Vincent per il concerto di un baluardo della canzone d’autore italiana come Ivano Fossati, che, dopo il recente annuncio di abbandono delle scene, sta percorrendo la penisola con il suo ultimo tour.
Il Palais non è esaurito, ma il pubblico accoglie Fossati e la sua band con entusiasmo, subito ricambiato dall’artista che dice: “pensiamo a divertirci, stasera non è tempo di pensare al mio ritiro“. Da principio, l’atmosfera è rock, con “Viaggiatori d’occidente”, e i primi brani si susseguono con un suono teso e compatto. Per il suo ultimo tour Fossati sembra prediligere brani “elettrici”, scelta giusticata anche dalle cartteristiche dei musicisti che l’accompagnano. Alla destra di Fossati, la sezione ritmica è composta dal figlio Claudio alla batteria, Max Gelsi al basso, Fabrizio Barale alla chitarra. A sinistra, a completare la formazione, la violoncellista Martina Marchiori, il chitarrista Riccardo Galardini e Pietro Cantarelli, tastierista che si occupa anche della direzione musicale.
In un simpatico siparietto a metà serata, Fossati chiede ai musicisti alla sua destra che tipo di brani proporrebbero se in quel frangente non fossero lì sul palco ad accompagnarlo, e loro attaccano con “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin. Stessa domanda all’ala sinistra, di formazione classica, che propone alcune note del “Rondò Veneziano”. Poi chiede al pubblico: “ e da che parte dovrei stare io?”.
Diversi brani sono proposti in chiave più intimista, come la splendida versione di “Mio fratello che guardi il mondo”, o in totale solitudine, con Fossati al pianoforte. Memorabili la bellissima “La costruzione di un amore” e il nuovo brano “Settembre”, canzone contenuta nell’ultimo disco “Decadancing”. Dopo alcune parentesi dal vago gusto esotico, tra cui l’interessante “La Pianta del Tè”, è però il rock a prevalere nell’ “arrivederci” formulato da Fossati: “La musica che gira intorno”, “Una notte in italia”, alcune altre canzoni-simbolo del cantautore genovese.
Mancano solo alcuni brani celebri all’appello, ma dopo oltre 2 ore di spettacolo e 40 anni di carriera, forse non si può davvero chiedere di più.