Carmen Consoli e Marina Rei sferzano il Forte di Bard come un uragano

Carmen Consoli e Marina Rei prendono le tue emozioni e le rivoltano come un guanto. Una voce che è un graffio rock ed una che è una carezza vellutata, una chitarra e una batteria. “Solo” due donne, ma sul palco sembra che ci sia una band intera.
Carmen Consoli Marina Rei
Cultura

Carmen Consoli e Marina Rei prendono le tue emozioni e le rivoltano come un guanto. Riescono a farti emozionare con “I miei complimenti”, e subito dopo ti fanno alzare dalla sedia per ballare e cantare a squarciagola “Confusa e felice”. La Sicilia e Roma, una voce che è un graffio rock ed una che è una carezza vellutata, una chitarra e una batteria. “Solo” due donne, ma sul palco sembra che ci sia una band intera, tanta è la potenza che si scatena ed i giochi di luce che illuminano la piazza d’Armi del Forte di Bard. Il concerto che ha chiuso Aosta Classica è stato questo e molto di più.

Un pubblico variegato che per l’occasione ha rispolverato dagli armadi felpe e giacche, che ha ascoltato in religioso silenzio il set acustico iniziale di Carmen Consoli per poi riversarsi in massa sotto il palco per i bis. Il concerto è infatti iniziato “a bomba” con la sola “cantantessa” a proporre alcuni dei suoi più grandi successi, da “Amore di plastica” a “In bianco e nero”, da “Parole di burro” a “Fiori d’arancio” e “Volevo fare la rockstar”. Ed infatti, con l’ingresso di Marina Rei la musica cambia e diventa un concerto rock vero e proprio. La chitarra della siciliana, pur non essendo la solita Fender elettrica, si fa aggressiva e distorta, la batteria della romana dà un ritmo su cui non si può stare fermi, e “Per niente stanca”, “Besame Giuda”, “Geisha”, “Fino all’ultimo”, sono bordate di vento in faccia, e non solo metaforico.

Nel mentre Carmen Consoli chiacchiera, beve (“dovevo venire fino a qui per poter bere dell’acqua fresca”), tribola con la chitarra, rompe corde (“il Re, ci hanno fatto scacco matto, Marina”). La loro amicizia, spiega la catanese, risale alle selezioni per il Sanremo del 1996: “Ci siamo guardate e ci siamo dette: Ma noi che ci facciamo qua?”. Insieme hanno scritto una canzone, “Un momento di felicità”, dedicata ai rispettivi padri che suonavano il loro stesso strumento (il padre di Marina Rei suonava la batteria nell’orchestra di Ennio Morricone), e cantata più avanti.

Marina Rei canta alcuni dei suoi successi da solista (ad eccezione di “Primavera” – che poi era una cover di “You to me are everything” dei The Real Thing – come a voler sottolineare la sua indipendenza ed il suo valore al di là del brano che l’ha forse resa più celebre), come “Donna che parla in fretta” e “Al di là di questi anni”. Su “Mio zio” perde una bacchetta – e Carmen non mancherà di legarsela al dito per il resto del concerto – poi si torna alla dolcezza (amara) di “L’ultimo bacio” e di “I miei complimenti”, in cui Marina Rei lascia la batteria per venire sul fronte del palco ad emozionare.

È il prologo all’adrenalinico trittico finale con “Contessa Miseria”, “Confusa e felice” e “Venere”, durante il quale si rompono gli argini dei posti a sedere e diverse persone si lasciano finalmente andare al ballo. Dopo un’ora e mezza esatta finisce il concerto, ma ovviamente mancano i bis: con “Blunotte” e “A finestra” non c’è più nessuno seduto al proprio posto, tutti sottopalco a cantare. Sulle note di “Middle of the road” dei Pretenders Carmen Consoli e Marina Rei possono ballare anche loro, prima di salutare.

Il loro concerto era stato aperto dalla 27enne Caterina Cropelli, già passata da X Factor, da sola con la sua chitarra o il suo ukulele: una voce soave, suoni puliti, canzoni che parlano di amore altruista (“il 90% delle canzoni parla d’amore, tutti hanno qualcosa da dire su questo argomento”) o di “crisi dei 25 anni”, per poi chiudere con una splendida versione di “Little wing” di Jimi Hendrix.

Caterina Cropelli
Caterina Cropelli

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