“Cllotse de Tsalendre”, la “Jingle Bells” patoisant di Le Digourdì
Se uno dei luoghi comuni – ma poi neanche tanto campato in aria – che si narra nel mondo della musica dice che ripetersi dopo un successo è sempre più difficile, c’è chi non la pensa così. Anzi.
Dopo il “botto” estivo di “Tsarvensou Lido”, cha partiva da J-Ax per raccontare il tsarvènsolèn che si gode l’estate in paese, Le Digourdì si rimette in pista.
E la parodia – divertente e divertita, e rigorosamente in patois – non può che essere a tema natalizio, con la stranota “Jingle Bells” a trasformarsi in “Cllotse de Tsalendre” che mette in fila tutta una serie di stereotipi tipici del periodo in salsa valdostana, dove non possono mancare l’aperitivo, il vino già stappato e, soprattutto, il vecchio zio (“l’onclle”) che ha cominciato a festeggiare prima del dovuto (e che infatti “l’è dza pion”).
O ancora la povera nonna presa a mò di Bancomat, pronta a dilapidare i risparmi per i nipotini (“Magàn l’è contenta te baille la penchón”).
Non manca poi il ritornello più “glocal” che mai, quando cioè l’invito della compagnia teatrale di Charvensod è chiaro: “Meudza pa lo panettón, l’é mioù lo ‘saouseussón’”.
Insomma, un nuovo tormentone – dopo che “Tsarvensou Lido” è risuonato anche nelle Serate rossonere aostane – fatto e finito o, come dicono loro stessi: “Tsanta é dancha se te pli lo Tsalendre Digourdì”.