“Faire Avec”, Stefano Scherma si confronta con le malattie rare

Un senso al mondo delle malattie rare è quello che Stefano Scherma, educatore del Convitto Chabod ha cercato di trovare grazie al suo nuovo progetto fotografico “Faire avec"
Stefano Scherma
Cultura

Convivere, “Faire avec” appunto. Quando però a convivere con qualcosa sono delle famiglie che si trovano di fronte a una malattia rara, spesso nemmeno codificata, il senso dell’espressione francofona assume un tono che difficilmente trova nel linguaggio italiano un corrispettivo.

Un senso al mondo delle malattie rare è quello che Stefano Scherma, educatore del Convitto Federico Chabod, ha cercato di trovare grazie al suo nuovo progetto fotografico “Faire avec”, presentato martedì 8 gennaio al Museo Archeologico Regionale di Piazza Roncas, “ospitato” nelle sale dove l’amico Ugo Lucio Borga espone la sua “Collateral Damages”.

“È un mio giudizio, ma non riesco a sopportare le varie pubblicità di enti, assolutamente legittimati e trasparenti, sui bambini affetti da malattie rare. Trovo che quelle immagini abbiano come scopo principale quello di muovere le persone a pietismo. È tutto lecito, ma viene meno la condivisione del problema e soprattutto la parte di riflessione che ognuno dovrebbe fare propria sul tema”.

Le fotografie di Stefano, le prime mostrate nel video promo del progetto, sono diverse da quelle che si vedono solitamente: la quotidianità delle famiglie dei bambini che Scherma ha seguito in un anno di tempo è disarmante e non permette indifferenza o mancanza di empatia. La sensibilità di molti scatti supera lo scoglio della malattia per approdare a un universo fatto di gesti semplici, di vita vissuta e di difficoltà che ogni giorno queste famiglie e i loro bambini devono superare.

Sono entrato nella vita di queste famiglie in punta di piedi. Per molto tempo non ho scattato, non avevo nemmeno con me la macchina fotografica, perché prima di poter lavorare bisogna trasformarsi in un soprammobile, diventare invisibile. Ed è quando si è invisibili che accade di poter trovare la chiave che apre un mondo. A poco a poco ho conquistato la fiducia di questi ragazzi e sono riuscito a farmi strada nel loro quotidiano.  La cosa che vorrei che si percepisse dai miei lavori è che i ragazzi sanno perfettamente di essere affetti da una patologia che impedisce loro di fare gesti e movimenti che per gli altri sono normali, ma questo non toglie loro l’espressività e la voglia di dimostrare che esistono e che vivono con il loro stile”.

Hervé, Adrien, Emma, Marco e le loro famiglie sono i protagonisti del video promo del progetto, che potrebbe diventare mostra e libro perché “possa rimanere come qualcosa di tangibile, a cui guardare ogni tanto per ricordare che queste persone esistono, che la loro vita è difficile, ma che bisogna prendere coscienza anche di queste situazioni”.

“Faire avec” non è legato a nessuna associazione e, nonostante la sua natura sia di portare alla luce delle dinamiche e delle situazioni che spesso rimangono nell’ombra, è arte e all’arte non viene richiesto di avere una funzione, anzi, serve a far riflettere. Le immagini, forti per chi non ha a che fare quotidianamente con persone affette da gravi patologie, sono dotate di un’umanità delicata e sensibile, fatta di giochi di riflessi, di sorrisi, di sguardi e di intese percepibili al primo sguardo.

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