Fiera, fra oggetti antichi, ‘introvabili’ e curiosi

Campanacci, socques e sabots: le cose sempre più rare che si trovano sui banchi degli artigiani.
Viviana Soliman
Cultura

Da sempre la Fiera di Sant’Orso è il momento in cui gli artigiani portano il frutto del loro lavoro, magari svolto nell’arco di un anno. Tutti trasformano le loro passioni o tradizioni che si tramandano da generazioni in vere e proprie opere, piccole o grandi che siano. Alcuni prodotti stanno scomparendo, come i collari dei campanacci. Piero Communod di Saint-Christophe espone alla Foire da 10 anni e fa un’amara constatazione: “Di banchi come il mio ce ne sono sempre meno”, dice. “Questa passione l’ho ereditata da una tradizione di famiglia, siccome da sempre abbiamo avuto le mucche. Ho fatto un corso di intaglio e così ho iniziato anche a fare dei collari in legno”.

Sono sempre più rari anche gli artigiani che producono i sabots e i socques. Ma a mantenere vivo il legame con il passato, per esempio, c’è Lidio Martignene di Issogne che ormai dal 1991 vende i tradizionali zoccoli rivestiti con il pelo della mucca. “Dopo tanti anni – dice Martignene – posso dire che questo è un prodotto che interessa e incuriosisce. Ho anche clienti fissi che tornano di anno in anno per chiedermi i socques”.

E c’è anche chi ha voluto pescare dalla tradizione per vestire le bambole. L’esempio è quello di Viviana Soliman che da 26 anni cuce su misura i costumi tipi ci di diversi paesi della nostra regione: “I più richiesti sono quelli dei comuni più conosciuti – dice Viviana – Gressoney, Cogne, Courmayeur. Recentemente ho confezionato anche abiti delle castellane tratte dai carnevali, come la contessa di Challant”.

Un oggetto sempre più diffuso fra gli artigiani perché molto apprezzato dal pubblico è il tatà, il cavallino di legno montato su ruote. E c’è chi ha cercato, come Camillo Brunet – di reinterpretare il soggetto secondo il proprio punto di vista: “Realizzo sia tatà tradizionali sia soggetti un po’ rivisti secondo la mia prospettiva. A me piace soprattutto l’unicorno”.
 

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