Giuliana Cunéaz è, senza dubbio alcuno, una tra le artiste valdostane più eclettiche, prolifiche e disarmanti della scena contemporanea. Inarrestabile, dopo il successo nel Regno Unito con la sua Teoria dei Quanti proiettata al SODA ,approda a Brescia per una mostra monografica totalmente diversa.
Sempre nel solco di quella tecnologia che per Cunéaz non è barriera e non è paura, ma occasione e futuro, l’artista approda a Brescia con Il Processo, titolo dell’esposizione inedita e site-specific che trova ispirazione nella straordinaria collezione di animali tassidermizzati appartenenti al Museo di Scienze Naturali della città lombarda. L’artista, per questa occasione, ha modificato radicalmente i criteri classici della museografia e dell’archiviazione creando un’unica installazione all’interno della Project Room con oltre 90 animali di specie diversissime, dai leoni agli scarabei, dai lupi alle farfalle, dalle tigri ai pipistrelli.
L’intento di Cunéaz è sostanzialmente quello di capovolgere (e stravolgere) il punto di vista dell’essere umano, spesso arrogante nei confronti della natura, e di fare in modo che quest’ultimo possa vedersi da fuori e soprattutto con gli occhi del mondo animale, che troppo spesso non capiamo o di cui ignoriamo equilibri e fragilità.
L’installazione prevede, in una prima fase, una visione individuale dove ciascuno appare seduto di fronte alla tribù degli animali vicino a un tablet che ne proietta l’immagine (in fondo alla sala compaiono su un monitor le medesime riprese ingrandite). Lo spettatore diventa così oggetto di osservazione ed il suo ritratto viene di volta in volta scansionato in base al punto di vista degli animali, i quali vedono la realtà in maniera differente dalla nostra. I cani e i gatti, per esempio, sono dicromatici, mentre gli uccelli possono vedere l’ultravioletto e le api hanno un’immagine composta della realtà formata da un’infinità di elementi.
La seconda parte della mostra è invece costituita da dieci opere realizzate con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale che rappresentano gli spiriti guida, “numi tutelari della nostra umanità“, come ribadisce Ilaria Bignotti, una delle curatrici dell’esposizione: “Se da un lato, dunque, siamo sottoposti a un processo, dall’altra sono proprio gli animali a rappresentare la componente archetipale della nostra crescita spirituale. Ogni opera nasconde lo spirito guida di un animale che si rivela solo attraverso la Realtà aumentata. Inquadrando ciascun soggetto, attraverso il QR code, compare sul nostro smartphone un’animazione che contempla nuovi significati. In questo caso la Realtà aumentata può essere intesa come metafora di un’umanità che sin dalla preistoria ha affidato agli animali super poteri magici e divinatori, nonché il ruolo di messaggeri e di protettori”.
Giuliana Cunéaz, del resto, “utilizza qui la Realtà aumentata, come aumentate sono le risorse dell’uomo attraverso gli animali“. Come sempre accade nell’opera dell’artista, le più attuali soluzioni tecnologiche trovano applicazione all’interno di un processo fisico ed emozionale conducendo il visitatore a sperimentare aspetti segreti della realtà. La mostra diventa dunque l’occasione per un processo di autocoscienza dove gli spiriti guida indicano la strada per una riconciliazione con la Natura.
Il titolo della mostra, Il Processo, è uno j’accuse chiaro, rivolto all’essere umano, egoista e cieco, che immobile non riesce a vedere, scoprire o capire il punto di vista del regno animale, traducendo questo immobilismo spesso in atteggiamenti totalmente irrispettosi e devastanti per la natura: l’esposizione ha un solo soggetto, una sola moltitudine che prende posizione.
Colui che li ha sempre oppressi, sfruttati, uccisi, causando danni irreparabili, viene messo sotto processo e questa volta, come ha scritto Jacques Derrida, “l’animale ci guarda e siamo nudi davanti a lui”. Attraverso questa azione si attua un ribaltamento: lo spettatore esce dalla sua abituale comfort zone e chi osserva viene a sua volta osservato in base a una visione che non è più univoca o parziale. Come afferma ancora Bignotti, una delle curatrici, “l’installazione genera responsi: una volta seduti, il nostro volto viene trasmesso su un monitor, rielaborato in base alle molteplici percezioni visive che hanno gli animali da cui scaturiscono ritratti ogni volta differenti“.
In questa occasione, a Brescia, è una Cunéaz molto più politica a esporsi, un’artista che prende posizione e che fa della preoccupazione e dell’urgenza una forma d’arte nella quale l’umano è scrutato dalla Natura che lo osserva e lo giudica rispetto a un’opera che può metterlo a disagio creando inquietudine: “Questo è un lavoro politico“, afferma Giuliana Cunéaz, “dove gli animali rappresentano gli oppressi che, con sguardo indagatore, ci chiedono di riflettere sul nostro agire e sulla nostra arroganza. Sono preoccupata e spero di smuovere delle coscienze attraverso il mio lavoro, il pericolo è reale soprattutto per quanto riguarda gli insetti. Credo che rivedere radicalmente il rapporto con l’animale e la natura significhi comprendere meglio chi siamo ed essere consapevoli che non siamo diversi da loro: come diceva Leonardo Caffo, non siamo esseri superiori ma siamo della stessa sostanza degli altri esseri viventi“.
La mostra, a cura di Ilaria Bignotti, Melania Massaro e Camilla Remondina nell’ambito del progetto Meccaniche della Meraviglia, verrà inaugurata sabato 25 maggio al Museo di Scienze Naturali di Brescia e sarà visitabile fino al 7 settembre.