Inutile nascondere i problemi sotto il tappeto. Nel discorso tenuto alla cerimonia di premiazione del Cervino Cine Mountain Film Festival, Antonio Carrel ha salutato la fine della quattordicesima edizione senza tacere dei problemi che hanno reso travagliato il cammino degli organizzatori. E’ stata un’edizione tutta in salita, per non smentire lo spirito alpinistico della manifestazione che premia i migliori film internazionali dedicati alla montagna.
“E’ stato molti difficile reperire i soldi, i finanziatori non sono sempre stati all’altezza, abbiamo dovuto faticare molto per riuscire a realizzare anche quest’anno questa manifestazione. A settembre od ottobre ci riuniremo per trovare una soluzione per l’anno prossimo, se vogliamo continuare con questo appuntamento” ha riassunto il presidente del Festival. “Per lo meno – ha concluso – il contenzioso sul nome, che ci ha costretti a passare da Premio ALP/Cervino a Cervino Cine Mountain, si è risolto a nostro favore, e siamo potuti rientrare nel club dei 21 festival internazionali della montagna più prestigiosi del mondo”.
Nonostante le difficoltà la quattordicesima edizione ha portato in Valle una rassegna di pellicole di tutto rispetto, premiate nei principali festival internazionali. Su 27 film, dieci hanno ricevuto dei premi, assegnati da una giuria di documentaristi ed esperti.
Al termine della cerimonia di premiazione, sabato sera, è stato proiettato gratuitamente il film che ha riscosso più consensi, ovvero “Sherpas, the true heropes of Mount Everest”, di Otto Honnegger, Frank Senn e Hari Thapa, premiato dal Cai, dalla Fondazione Gran Paradiso e dal pubblico.
Il documentario racconta il lavoro degli sherpa, che accompagnano gli escursionisti in vetta all’Everest. Nei decenni il loro mestiere è cambiato, e da semplici portatori hanno acquisito un ruolo sempre più centrale, in quanto gestiscono la logistica e la sicurezza delle spedizioni, preparando il terreno per l’ascesa, i campi base, le tende. Purtroppo, nonostante rischino la vita ad ogni passo, sono soggetti all’arbitrio delle agenzie che li assumono. Pagati in base ai giorni di lavoro e ai kg portati da un campo all’altro, fino agli ottomila metri di altitudine, non osano manifestare segni di cedimento o debolezza, o rivendicare un minimo di garanzie sindacali, per timore di perdere il posto. Il loro lavoro contente al popolo Sherpa di sopravvivere senza affidarsi esclusivamente alla magra agricoltura da sussistenza possibile a quelle quote. Davanti alla telecamera i protagonisti nepalesi del film hanno raccontato le asprezze e le difficoltà nascoste dietro le quinte delle spedizioni. Il premio è stato ritirato a titolo simbolico da una leggenda dell’alpinismo, Rinaldo Carrel, primo italiano al Circolo polare artico e sull’Everest.
Il Grand Prix Conseil de la Vallée è stato assegnato invece al film portoghese “Pare, escute, olhe” di Jorge Pelicano, già vincitore di vari premi nazionali e internazionali. La pellicola racconta la marginalità di un’area depressa del Portogallo, di un popolo tagliato fuori dallo sviluppo economico dalla chiusura di una secolare linea ferroviaria, nonostante le promesse della classe politica.
Il premio Montagne passion è andato a “the Askard Project” di Alastair Lee, “Summer pasture” ha vinto nella sezione “vie de montagne”, il premio Sony per la miglior fotografia è stato assegnato ad “Alpi”, di Armin Linke, il premio Eco Mountain dell’Assessorato regionale al Territorio e all’ambiente è stato vinto da “Gli uomini della luce” di Katia Bernardi, il premio Montagne tout-court è stato diviso ex aequo tra “Il capo”, di Yuri Ancarani e “1987 – 1993” del norvegese Marius Brandrud.
La giuria, infine, ha assegnato una menzione speciale ad “A la vita!” di Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino, che hanno pazientemente documentato il lavoro dei boscaioli di Roccaforte Mondovì.

