MAV: a Fénis si apre il ‘cuore dell’artigianato di tradizione’

Sabato 24 gennaio alle ore 11 apre il MAV, il Museo dell'artigianato valdostano di tradizione. Dopo oltre un secolo di proposte, riflessioni, iniziative, incontri la struttura è realtà. "Sarà una risposta alla domanda: cos'è l'artigianato di tradizione?".
Un particolare dell'allestimento MAV
Cultura
“Il suo punto di arrivo è il suo inizio”. La frase capeggia sullo schermo alle spalle dei vertici dell’IVAT e dell’Assessore regionale alle Attività Produttive Ennio Pastoret, nella sala delle conferenze della Biblioteca di Aosta, dove con evidente soddisfazione e orgoglio è stata presentata ufficialmente la prossima apertura del Museo dell’Artigianato Valdostano di Tradizione, che trova la sua sede a Villa Montana nel comune di Fénis. L’inaugurazione avverrà sabato 24 gennaio alle ore 11.
Costato alla Regione circa 2,4 milioni di euro, il MAV ospita circa 860 pezzi, tra oggetti d'uso, manufatti, sculture. Di queste opere 600 appartengono alla collezione IVAT, circa 150 sono state concesse in comodato d’uso dalla Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione, mentre i restanti oggetti esposti sono stati concessi in comodato da privati.

La storia del MAV, ripercorsa dall’Assessore Pastoret, è stata lunga e travagliata. “L’idea di un museo dell’artigianato è nata oltre un secolo fa " ha spiegato l’assessore “ed è stata sostenuta nel tempo da illustri intellettuali valdostani i quali, fin dalla fine del XIX esimo secolo e per tutto lo scorso secolo ne hanno a più riprese ribadito l'importanza e la necessità".

Sarà un Museo che non saprà mai di muffa – ha evidenziato Rudy Marguerettaz, presidente dell'Ivat – perché sarà dinamico, in continua evoluzione”. Per il presidente IVAT la struttura rappresenta un passo decisivo nella salvaguardia del patrimonio artigianale valdostano, avvenuta attraverso quattro passi “riunire, restaurare, conservare e mostrare”. Un lavoro immane che sarà tramandato ai posteri attraverso mostre temporanee e il CREA.

“L’approccio che ha caratterizzato il lavoro – ha spiegato Nurye Donatoni, la responsabile museale – è stato fortemente scientifico. Sono state definite nel 2003 le linee guida museologiche, cioè la direzione verso cui tendere e gli obiettivi, poi rispettate pienamente. Altro cosa che non abbiamo voluto è mettere gli oggetti sotto vetro”.

Abbiamo voluto aprire in concomitanza con la Fiera di Sant’Orso – ha spiegato il direttore delll’IVAT, Roberto Vallet per rispetto agli artigiani, il Museo è a loro disposizione e sarà l’occasione per avere risposte alle tante domande che si sono accavallate negli anni sul concetto di artigianato di tradizione”.   

Lo spazio espositivo è costruito su un percorso diviso in sei aree tematiche a loro volta suddivise in ambienti che presentano la quotidianità della vita agro-pastorale e la sua evoluzione fino a quando il manufatto artigianale da oggetto di prima necessità ha subito una sorta di “sublimazione” diventando la traduzione dell’estro e della poesia degli artigiani e diventando così oggetto d’arte.

Gli allestimenti “contemporanei” del Museo, costati circa 350mila euro, sono stati studiati per valorizzare e dare dignità all’agli oggetti esposti, quali testimonianza di una gestualità, di un “savoir faire” tutto valdostano. Il percorso, che sarà possibile seguire grazie all’ausilio di una mini-guida cartacea, si arricchisce di pannelli esplicativi, video, testimonianze, suoni, musiche. Due spazi, rispettivamente dedicati alla Fiera di Sant’Orso e ad esposizioni temporanee, chiudono l’esposizione. Al piano superiore invece trova spazio il CREA, una vera e propria “fucina” dedicata alla cultura e alla documentazione Etno-artigianale, alla sperimentazione e formazione, uno spazio rivolto alle giovani generazioni e agli artigiani. 

 
A trovare spazio all'interno del MAV sarà in futuro anche la collezione di Jules Brocherel, la più ricca raccolta di oggetti dell'artigianto tipico valdostano, per la cui cessione in comodato il presidente IVAT ha firmato nelle ore scorse  un accordo con i Musei civici di Torino proprietari delle opere. La collezione, creata dall'etnografo valdostano Brocherel è costituita da 536 oggetti ed è il frutto di oltre un decennio di ricerche svolte dallo studioso su tutto il territorio valdostano.
 
 
 
 
 
 

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