E’ calato il sipario sul Courmayeur Noir in Festival, la rassegna di cinema e letteratura di genere. Il festival ha premiato, con il Leone Nero per il miglior film Carancho, di Pablo Trapero. Il regista argentino ha voluto dare uno spaccato della sua società, dove gli incidenti stradali provocano circa una ventina di morti al giorno senza considerare i feriti. Dietro a queste tragedie prospera il mercato delle assicurazioni.
Il premio per la miglior interpretazione, invece, è stato assegnato a Stellan Skarsgard in En Ganske Snill Mann, del norvegese Hans Petter Moland. Il premio speciale della giuria è andato a Hanyo, del sud coreano Im Sang-soo e a Simon Werner a disparu, del francese Fabrice Gobert. Il pubblico ha premiato The disapperance of Alice Creed di J Blakeson. La giuria dei giovani critici, invece, ha premiato, come miglior documentario, Esquivar I Pegar, degli spagnoli Juanjo Gimémez e Adan Aliaga Pastor.
La giuria internazionale per il cinema era composta da: Tito Topin, presidente (scrittore, Francia), Guido Caprino (attore, Italia), Carlotta Natoli (attrice, Italia), Silvio Orlando (attore, Italia) e Angel Sala (direttore del Festival di Sitges, Spagna).
Tra gli ospiti più importanti di questa ventesima edizione del festival, sicuramente lo scrittore Michael Connelly, a cui è stato assegnato il Raymond Chandler Award. Lo scrittore scrive i suoi romanzi ispirandosi alle soffiate degli amici poliziotti di Los Angeles.
‘Anche se ormai da diversi anni faccio lo scrittore a tempo pieno – spiega, ricordando il suo inizio carriera da giornalista – sento di essere ancora un reporter che fa il romanziere comesecondo lavoro’.
Così è nato anche ‘La Lista’ (Edizioni Piemme), ultimo suo libro pubblicato in Italia che ha come protagonista l’ormai immancabile, guarda caso, detective di Los Angeles Harry Bosch, alle prese con il caso di un noto produttore di Hollywood accusato di aver ucciso la moglie e il suo amante, presentato proprio durante il festival.
La rassegna si è chiusa tra grandi nomi e autori e opere promettenti. Come Cosimo Alemà e il suo At the end of the day. Il film, interamente in inglese, rappresenta un esempio di esercizio di genere di un giovane cineasta.
Premiata, con il premio Scerbanenco, invece, Elisabetta Bucciarelli, vincitrice con ‘Ti voglio credere’.