Premiate le migliori recensioni di “Criticoni”, il laboratorio di critica cinematografica di Aiace Vda

Si tratta di Aline Trossello, della 3D del Liceo Artistico (Licam), Francesco Brunod, Fiamma Cortivo, Xinqiao Ianna, Alex Quendoz della 3A del Liceo Scientifico E. Bérard, Céline Sarteur Bagnod e Anaёl Perrin della 3°A dell’Institut Agricole Régional, Sophie Careri, Steven Gorret e Vittoria Ramanzin della classe 3A ITT dell’ITPR Corrado Gex.
Criticoni
Cultura

Sono undici le classi delle scuole secondarie di secondo grado valdostane che quest’anno hanno partecipato a “Criticoni“, il laboratorio di critica di Aiace Vda, realizzato con il contributo di Film Commission Vallée d’Aoste e la media partnership di AostaSera, nato per promuovere la cultura cinematografica tra le generazioni più giovani e formare un pubblico più consapevole. Il laboratorio è stato tenuto da due membri dell’Associazione, Sara Colombini e Gianluca Gallizioli, che, coniugando l’approccio teorico a quello pratico, hanno incontrato i ragazzi per avvicinarli al mondo della scrittura critica per il cinema. “Quest’anno c’è stato un boom di richieste, con ben 26 domande di partecipazione – spiega Alessia Gasparella, Presidente di Aiace Vda – e non abbiamo potuto accontentare tutte le classi, perché ci sarebbero voluti più docenti. Per il prossimo anno stiamo già pensando a come organizzarci per coprire più classi”.

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Durante l’evento conclusivo, tenutosi questa mattina, giovedì 10 aprile presso l’Area Megalitica – MegaMuseo di Aosta, sono stati premiati i lavori dei gruppi più meritevoli. Si tratta di Aline Trossello, della 3D del Liceo Artistico (Licam), Francesco Brunod, Fiamma Cortivo, Xinqiao Ianna, Alex Quendoz della 3A del Liceo Scientifico E. Bérard, Céline Sarteur Bagnod e Anaёl Perrin della 3°A dell’Institut Agricole Régional, Sophie Careri, Steven Gorret e Vittoria Ramanzin della classe 3A ITT dell’ITPR Corrado Gex.

Ecco le loro recensioni.

CRAB DAY di Ross Stringer
Recensione di Aline Trossello, della 3D del Liceo Artistico (Licam)

Il cortometraggio “Crab Day”, vincitore del British Short Animation Award consegnato dalla BAFTA (British Academy Film Awards), racconta del rito di iniziazione che ogni ragazzino deve affrontare per diventare un uomo nella piccola isola dove è ambientata la storia. La sfida consiste nell’uccidere un granchio con un’accetta dopo averlo pescato insieme al padre, ma arrivato il turno del protagonista lui lo nasconde rifiutandosi di completare il rito.

Con la regia di Ross Stringer e la sceneggiatura di Aleksandra Sykulak, il corto riesce a narrare in 10 minuti e nessun dialogo il dramma dell’identità che si vive nel passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Gli autori dipingono una società senza individualità, gli “uomini adulti” non sembrano avere altro scopo se non produrre cibo, festeggiare elogiando la propria forza e pescare per permettere ai figli di ripetere il ciclo continuo che porta avanti la loro città. Sykulak e Stringer portano l’umanità moderna all’estremo assoluto, rappresentando al meglio le difficoltà da affrontare per raggiungere lo sviluppo di una personalità propria che molti adolescenti faticano a trovare il coraggio di mostrare. Ogni granchio ucciso, ogni guscio spezzato e ogni uomo adulto nato simboleggia la morte della creatività e della curiosità che caratterizza l’infanzia e che questi ragazzini sono costretti ad abbandonare per non essere lasciati indietro. Il granchio che dopo essere stato salvato ingrandisce in maniera catastrofica non è nient’altro che l’individualità del protagonista che urlante prega di essere lasciata libera, di essere notata, capita e apprezzata. Ed è proprio facendo questo che il protagonista ha la possibilità di maturare e diventare adulto.

Lo stile di animazione è semplice e i disegni minimalisti di Stringer rendono le espressioni facciali dei personaggi il mezzo perfetto per rallentare il ritmo delle scene; gli spettatori in questo modo non possono fare altro che sentirsi confusi e rassicurati di fronte allo sguardo alternato tra il protagonista e il granchio, come se fossimo prima l’uno e poi l’altro.

La mancanza di espressioni definite richiede al corto di dare un’attenzione maggiore alla musica, composta da Matteo Tronchin. Questa infatti gioca un ruolo importantissimo nel definire il tono emotivo della scena, facendoci intuire i sentimenti dei personaggi. L’unica emozione rappresentata in maniera più accurata delle altre è il sorriso del padre alla fine. Il significato di questo aumenta proprio per il fatto che è il solo in tutto il corto; quella del padre è un’emozione complessa e impossibile da rappresentare solo con della musica.

“Crab Day” non è il primo progetto della sceneggiatrice Aleksandra a parlare di identità e questo si capisce perfettamente vedendo come è riuscita a scrivere un cortometraggio così profondo attraverso dei mezzi e delle metafore così semplici. La visione di quest’opera non è da prendere come un’esperienza intellettuale per allenare il proprio cervello, bensì come una pausa dalla frenesia del mondo per ristabilire chi siamo, a cosa aspiriamo e come vogliamo raggiungere quell’obiettivo. Tutti, alla fine della storia, sogniamo di crescere e avere la possibilità di essere liberi, proprio come il protagonista e il suo amico granchio.

Criticoni - Aline Trossello, della 3D del Liceo Artistico (Licam)
Criticoni – Aline Trossello, della 3D del Liceo Artistico (Licam)

IL MONDIALE IN PIAZZA di Vito Palmieri
Recensione di Francesco Brunod, Fiamma Cortivo, Xinqiao Ianna, Alex Quendoz della 3A del Liceo Scientifico E. Bérard

La storia dei mondiali di calcio di Mosca del 2018 già la sappiamo, della vittoria della Francia, dell’eliminazione alle qualificazioni dell’Italia contro la Svezia ma il cortometraggio di Vito Palmieri ci racconta un’altra versione, un mondiale parallelo a quello ufficiale chiamato “Il mondiale in piazza”. L’assenza della nazionale italiana ai mondiali suscita in alcuni residenti di un paesino un sentimento di rivincita che soddisfano in maniera a dir poco originale. Decidono infatti di organizzare il proprio mondiale giocandolo in piazza e sfruttando la varietà etnica degli abitanti. Così le iscrizioni sono aperte, giocano l’Italia, composta dagli organizzatori, la Cina, il Pakistan, la Romania, tutto ciò che è necessario sono cinque giocatori, 250 euro e una nazionale di cui portare i colori. Ahmed, un ragazzino di origini senegalesi, nato in italia in seguito all’immigrazione dei genitori, però, non è d’accordo: è nato e cresciuto in Italia, si sente a tutti gli effetti italiano e vuole giocare nella squadra dell’Italia. La soluzione sarà la formazione di due squadre dell’Italia, e in ballo ci sarà più di una semplice partita di pallone. In questo corto il calcio si fa veicolo di inclusione, ma funge anche da specchio di contraddizioni e tensioni sociali.

Il mondiale inizia e tra le squadre partecipanti, spicca quella composta da giovani italiani di origini straniere, un simbolo, letteralmente, della seconda Italia, quella composta dalle nuove generazioni che trovano una doppia identità nelle loro radici. Tuttavia, non tutto scorre liscio: il minor sostegno riservato a questa squadra da parte del paese, rispetto alla “Italia originale”, mette in luce profonde questioni legate al patriottismo, alla discriminazione e alla percezione di appartenenza.

Palmieri sceglie di raccontare questa storia attraverso il linguaggio universale dello sport, particolarmente attraverso il calcio, uno sport per il quale l’Italia vanta da sempre una ricca tradizione e cultura, facendo emergere, con delicatezza ma fermezza, le dinamiche di comunità locali che si riflettono su temi globali. Le immagini della piazza, caratterizzate da un clima inizialmente competitivo e allegro, si alternano a momenti di riflessione, in cui il ritmo visivo e sonoro si adatta per enfatizzare lo stato d’animo dei protagonisti.

La musica segue l’andamento emotivo del racconto: dalle melodie gioiose che accompagnano le partite, ai toni più sommessi che sottolineano le tensioni, contribuendo a far vivere allo spettatore una vicenda estremamente immersiva. La colonna sonora ci coinvolge nella scena, facendoci percepire l’atmosfera nella piazza, facendoci quasi sentire parte di essa, avvicinandoci di conseguenza in prima persona ai temi più sensibili esposti dal cortometraggio. Verso la fine è utilizzata in maniera eccellente, enfatizza la tensione e, una volta superato il climax narrativo, ci aiuta a comprendere e a immergerci tra i nuovi sentimenti presenti in piazza. Nonostante la leggerezza del tono di partenza, il cortometraggio riesce a farci riflettere su questioni importanti, ricordandoci che anche nel piccolo si possono rispecchiare le grandi sfide del nostro tempo. Durante il film l’inquadratura più presente è a figura intera e Vito Palmieri decide di sottolineare i pensieri, le emozioni e i discorsi intrapresi dai personaggi attraverso dei primi piani. I colori del filmato sono tendenti al giallo, trasmettendo una sensazione di calore e aiutando con l’ambientazione del cortometraggio. Durante le partite, si può notare una grande attenzione ai dettagli in quanto la folla non viene mai inquadrata da vicino, poiché rappresenta un’entità unica con i propri valori e sentimenti condivisi. È molto bravo poi a trasmettere la tensione e l’intensità delle scene, rendendole realistiche e coinvolgenti.

Molto peculiare è poi la scelta dell’ambientazione del mondiale, ovvero la piazza del paese. Essa è infatti un punto di incontro e di scambio culturale che rappresenta il cuore della comunità. La piazza ha da sempre avuto una grande importanza: rappresentava infatti nelle città greco-romane il luogo di incontro e il centro della vita cittadina in quanto il mercato e le questioni politiche vi si svolgevano. È di grande rilevanza e significato quindi ambientarci il cortometraggio, perché dona agli avvenimenti e ai temi di riflessione importanza, centralità e simbolicamente, se vi sono dei problemi o dinamiche sociali migliorabili deve essere importante che siano esposti a ogni membro del paese. Palmieri decide poi di chiudere il cortometraggio con un messaggio di speranza. Attraverso la scena finale ci esprime un ottimismo verso il futuro e verso il lavoro che le nuove generazioni possono portare avanti nel superamento degli stereotipi e delle barriere sociali che ci impediscono di diventare una società, una nazione omogenea e inclusiva.

Perché gli Italiani non sono solo le persone nate in Italia, ma anche chi  ha scelto di fare di questo paese la propria casa, abbracciandone la storia e la cultura. La vera forza di una nazione si misura nella sua capacità di accogliere, unire e celebrare le diversità, perché solo così possiamo costruire una comunità davvero inclusiva, unica e coesa, concetto che il film “Il mondiale in piazza” esprime in maniera fine, nascosta dietro a un apparentemente innocua vicenda sportiva.

Criticoni - Francesco Brunod, Fiamma Cortivo, Xinqiao Ianna, Alex Quendoz della 3A del Liceo Scientifico E. Bérard
Criticoni – Francesco Brunod, Fiamma Cortivo, Xinqiao Ianna, Alex Quendoz della 3A del Liceo Scientifico E. Bérard

 

CRAB DAY – UN GRANCHIO PER DIVENTARE GRANDI
Recensione di Céline Sarteur Bagnod e Anaёl Perrin della 3°A dell’Institut Agricole Régional

“Crab Day” è un cortometraggio animato diretto da Ross Stringer nel 2023 durante il suo percorso al National Film and Television School.

Il film esplora la relazione tra un padre e suo figlio in una comunità che si basa sulla pesca dei granchi e su un rituale in cui i ragazzi devono uccidere un granchio per essere considerati uomini e per ottenere l’approvazione paterna. Il giovane protagonista, tuttavia, affronta un dilemma morale, diviso tra il conformarsi alle aspettative sociali e la scelta della compassione verso il granchio destinato alla morte.

La scelta stilistica di Stringer prevede un’animazione interamente disegnata a mano, utilizzando una palette di colori limitata: il mondo è rappresentato in bianco e nero, con l’eccezione dei granchi, evidenziati in rosso. Questa decisione sottolinea l’importanza simbolica dei granchi nella narrazione, enfatizzando la crudezza e la violenza nel rituale descritto.

L’animazione artigianale, con linee grezze e movimenti leggermente irregolari, aggiunge autenticità al tutto. Non ci sono dialoghi, soltanto sguardi e suoni che parlano più di quanto farebbe qualsiasi parola. Il cigolio delle chele che si chiudono, il rumore dell’acqua, il silenzio teso tra padre e figlio… ogni dettaglio sonoro amplifica il peso emotivo della vicenda. “Crab Day” è uno di quei cortometraggi che ti restano dentro, non tanto per la storia in sé, ma per come l’autore la racconta. Ross Stringer costruisce un mondo aspro e spietato con pochi tratti di matita e una scelta cromatica che dice più di mille parole.

Questo cortometraggio ha ricevuto riconoscimenti significativi, tra cui la vittoria nella categoria Animazione Postgraduate ai RTS Student Television Awards 2024 e una nomination ai BAFTA. La critica ha elogiato il film per la sua capacità di affrontare temi complessi come la mascolinità, le dinamiche padre-figlio e la crudeltà verso gli animali attraverso una narrazione visivamente semplice, ma profondamente evocativa.

Sicuramente colpisce l’intensità con cui il film riesce a trasmettere il conflitto interiore del protagonista. Quel momento in cui si trova davanti alla sua scelta: conformarsi o ribellarsi; è pura tensione, una stretta allo stomaco. Non si tratta di un messaggio animalista o di una critica scontata alla mascolinità tossica, ma di un ritratto sincero di un ragazzo che deve decidere chi vuole essere. “Crab Day” è un’opera che, attraverso la sua semplicità stilistica e la profondità tematica, invita lo spettatore a riflettere sulle aspettative sociali e scelte personali, lasciando un’impressione duratura. È un film che sembra vissuto, quasi come se fosse un ricordo distorto dell’infanzia, un ricordo di quei momenti in cui per la prima volta hai capito che diventare grandi significa anche compiere scelte difficili.

Questo cortometraggio non ti prende per mano, non ti dice che cosa pensare. Ti lascia lì in bilico, con il suono delle onde nelle orecchie e una domanda in testa: e tu che cosa avresti fatto?

Criticoni - Céline Sarteur Bagnod e Anaёl Perrin della 3°A dell’Institut Agricole Régional
Criticoni – Céline Sarteur Bagnod e Anaёl Perrin della 3°A dell’Institut Agricole Régional

 

DOUBT di Adela Krizovenska
Recensione di Sophie Careri, Steven Gorret e Vittoria Ramanzin della classe 3A ITT dell’ITPR Corrado Gex

 Il cortometraggio “Doubt” dura circa sei minuti ed è diviso in cinque parti. Il corto, come dice il titolo, parla del dubbio. Le immagini animate sono accompagnate da voci narranti di uomini e donne che raccontano le proprie esperienze ed emozioni.

Il corto si apre con le possibili paure che possono nascere in un bambino andando a scuola, mostra successivamente le insicurezze di un adulto che comincia a lavorare e si conclude con l’accettazione delle fragilità e delle incertezze che fanno parte della vita. Tutte queste situazioni vengono accompagnate da una serie di immagini poco chiare, ma che nonostante tutto riescono a far comprendere a chi guarda il cortometraggio, il caos presente nella testa delle persone e a raffigurare i “dubbi” trattati.

Il primo capitolo è dedicato alla scuola e presenta immagini solo in bianco e nero. Un mondo quindi che sembra bloccare e respingere la creatività. La presenza di mani o i quaderni in serie accompagnate da testimonianze parlano di un’educazione che soffoca, dove i tanti compiti diventano un ostacolo e creano ansia. Alla fine del capitolo c’è un suono stridente che aumenta la tensione e fa capire il disagio degli studenti e la loro paura di fallire.

Il secondo capitolo tratta il tema della la creatività. Immediatamente viene introdotto il colore blu che rappresenta la libertà. Anche nel mondo del lavoro ci sono difficoltà: è infatti presente il giudizio degli altri rappresentato dagli occhi che osservano. Alla fine del secondo capitolo riappare un quadrato, come a ricordare i quaderni del primo capitolo, ma questa volta i colori escono dalla forma, come a indicare che con la creatività si può provare a superare i propri limiti.

Il terzo capitolo parla di solitudine e paura del fallimento. Il tono del corto cambia di nuovo, questa volta le forme sono geometriche e i colori sono appena accennati in un mondo nero. In particolare, ci si ritrova a percorrere un lungo corridoio oscuro. La paura di fallire e la solitudine vengono trasmesse dalle immagini e raccontate dalle voci. Appaiono infine delle forme spezzate. Il quarto capitolo è dedicato alla ricomposizione. Dopo il caos e la rottura, arriva la fase della ricostruzione. I pezzi trovano il loro posto e si uniscono. Questa sezione trasmette un messaggio di speranza nonostante le difficoltà: è possibile rimettere insieme le parti e ottenere un risultato.

Il quinto capitolo racconta infine l’accettazione del dubbio. Il cortometraggio si chiude con un invito a non prendersi troppo sul serio. L’uso di forme colorate e vivaci, quasi infantili, sembrano richiamare il gioco e la spontaneità dell’infanzia. Non è sempre necessario cercare la perfezione o avere tutte le risposte. Questo cortometraggio sembra suggerire che il dubbio non è un limite, ma una parte naturale del percorso della nostra vita. Vivere nell’incertezza è normale fa parte della vita e non c’è nulla di sbagliato nel non sapere sempre quale sia la strada giusta.

Criticoni - Sophie Careri, Steven Gorret e Vittoria Ramanzin della classe 3A ITT dell’ITPR Corrado Gex
Criticoni – Sophie Careri, Steven Gorret e Vittoria Ramanzin della classe 3A ITT dell’ITPR Corrado Gex

 

 

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