“A serious man” è un piccolo film, un’opera sicuramente “minore” nel percorso creativo dei fratelli Coen, che ha però la sintetica purezza di un distillato e la freschezza di un racconto breve, di una storiella morale. Come è già capitato più volte in passato – il caso più esplicito è quello di “Fratello, dove sei?” ispirato all’Odissea – i Coen usano una narrazione preesistente e la riattualizzaziono, innestandola in un soggetto contemporaneo, o quasi (qui siamo negli anni Cinquanta). Larry Gopnik, protagonista del film, è un Giobbe dei nostri giorni. La sua vita ricca, piana e ben salda sui propri binari improvvisamente deraglia: la moglie lo lascia, i figli lo ignorano, il lavoro scricchiola. Perchè? Perchè proprio a lui? Come Giobbe, Gopnik non sa darsi pace e chiede a Dio attraverso i suoi portavoce in terra (i canonici Tre Rabbini delle storielle ebraiche) ragione di tante e tali disgrazie. Ma il tema del film, diversamente dal testo biblico, non è la ricerca di una risposta alle domande dello sventurato Gopnik, quanto piuttosto l’inquietudine di chi cerca di sfuggire al male e al male – sotto forme quotidianamente rinnovate – non riesce, non può sfuggire.