QR code, app e modelli 3D: il sito archeologico di Vollein rinasce dalla tecnologia

Alcuni dei reperti mobili dell’area sono stati trasferiti nei laboratori di restauro e gestione materiali archeologici della Sovrintendenza per i beni e le attività culturali di Quart, dove essi vengono sottoposti a pulitura, ricostruzione e analisi.
Il sito archeologico di Vollein
Cultura

Dalle necropoli del V millennio prima di Cristo e dalle incisioni rupestri che raggiungono il II millennio, il sito archeologico di Vollein guarda al futuro della fruizione grazie a un nuovo itinerario di valorizzazione che strizza l’occhio alla tecnologia. Lungo tutto il percorso multimediale è stata collocata una pannellistica opportunamente dotata di QR code per l’accesso a una web app sulla quale consultare contenuti multimediali di approfondimento quali testi, video, immagini e modelli 3D.

Finanziata dal programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Francia Alcotra 2014/2020, l’iniziativa è parte del Piano Integrato TEMatico “Patrimonio Cultura Economia” PITEM Pa.C.E. e si pone come obiettivo l’incremento dell’attrattività turistica e il miglioramento della consapevolezza dei residenti. I primi a poter beneficiare di un preliminare eductour espressamente pianificato nella giornata di venerdì 17 marzo sono stati giornalisti, influencer e tour operator valdostani e non, accompagnati dagli archeologi alla scoperta delle antiche testimonianze degli insediamenti umani di Quart.

L’arte del restauro

Alcuni dei reperti mobili del sito di Vollein sono stati fatti confluire all’interno dei laboratori di restauro e gestione materiali archeologici della Sovrintendenza per i beni e le attività culturali di Quart. Risalenti ad appena tre anni fa ma già dotati di tecniche e macchinari all’avanguardia, essi sono suddivisi in specifiche aree dedicate alle varie fasi di trattazione e studio di ritrovamenti dell’intero territorio regionale.

“Nella prima stanza della filiera si effettuano una disamina preliminare di ciò che arriva dagli scavi e una pulitura con modalità differenti finalizzata a smascherare il reperto – ha spiegato Corrado Pedelì -. Qualora il reperto abbia necessità di maggiore attenzione per finalità museali oppure per condizioni di arrivo peggiori, si procede più a una pulitura di tipo fisico più mirata tramite strumenti come l’ablatore a ultrasuoni o le microsabbiatrici”.

La fase successiva del lavoro congiunto di archeologi e restauratori coincide con la ricostruzione di alcuni oggetti destinati a Saint-Martin De Corléans o al Museo archeologico regionale tramite assemblaggio e incollaggio dei frammenti nelle parti mancanti.

“Il reperto contiene informazioni uniche che spesse volte emergono anche dalla sporcizia che lo ricopre, perciò, se lasciato a se stesso, si rischia di perdere il messaggio che esso ha da trasmettere – ha continuato Pedelì poco prima di avventurarsi nella sala delle fotografie, unica traccia del reperto per i posteri in caso di deterioramento -. Quando non è possibile intervenire a fondo su di esso si procede con altre tecniche quali per esempio l’imballaggio, capace di donare una nuova abitazione non a una semplice cosa bensì a un sistema dinamico fortemente subordinato a ciò che gli accade attorno”.

Antichità e tecnologia

Prossimamente il laboratorio di restauro e gestione materiali archeologici della regione punta a mettere in funzione un nuovo progetto che prevede una registrazione sistematica di tutti i vari step della filiera dallo scavo al restauro e sino alla finale informatizzazione.

“Abbiamo negli ultimi tempi adottato e presentato una tecnica di restauro e completamento delle steli estremamente innovativa e completamente differente da quelle utilizzate nel resto del mondo – ha annunciato ancora Pedelì -. Non ci serviamo più di malte o resine per ricostruire le parti perdute ma, partendo da dati archeologici, creiamo una sorta di puzzle tridimensionale tramite scanner e fresatura ricostituendo la stele e mantenendola integra grazie ai magneti”.

Corrado Pedelì e la stele
Corrado Pedelì e la stele

Il circuito della preistoria

Il lavoro effettuato sul sito di Quart si inserisce all’interno di un più ampio ventaglio di progetti orientati a definire nuovi strumenti di lettura nonché a differenziare l’offerta culturale del territorio valdostano: accanto alla creazione di mappe digitali dell’architettura rurale e al censimento dei ponti storici parallelamente all’Alta Savoia, nell’ambito del PITEM Pa.C.E. è stata elaborata una cartina interattiva di tutto il patrimonio transfrontaliero tra Francia e Italia.

“Questo nostro Atlas delle Alpi latine, contenente 600 siti e consultabile in 3 lingue, rappresenta la base di partenza per il progetto avviato a Vollein – ha raccontato la responsabile Ambra Idone -. Abbiamo tentato di dare organicità ai cinque dei nostri siti inserendoli all’interno di un ideale circuito della preistoria accomunato da semplici ma efficaci pannelli dotati di QR code e rimandi a una correlata web app”.

La prima frequentazione della Valle d’Aosta da parte dell’uomo di Neanderthal risale a circa 9 mila anni fa nella zona del Mont Fallère, che a sua volta coincide con il primo punto del circuito della preistoria valdostano.

“Tra le altre tappe, Villeneuve ospita la prima necropoli della regione risalente al periodo del Medio Neolitico, mentre la parete rocciosa di Chenal scoperta nel 2013 è ricca di importanti incisioni rupestri – ha chiarificato Luca Raiteri -. Pont-Saint-Martin è invece il sito scoperto più di recente in collaborazione con l’Università di Ferrara e reca tracce di popolazioni mesolitiche e di tombe, mentre Saint-Martin De Corléans con la sua funzione votiva e celebrativa è l’ultimo luogo aggiunto al circuito in ordine temporale”.

Ambra Idone e Luca Raiteri
Ambra Idone e Luca Raiteri

Il sito archeologico di Vollein

Il sito archeologico di Vollein viene giocosamente soprannominato dagli esperti della Sovrintendenza la “Bella addormentata nel bosco” poiché, dopo essere stato individuato per la prima volta, esso è stato coperto e ha potuto tornare alla luce soltanto dopo cinquant’anni.

“Grazie al supporto dell’Università di Berna, abbiamo raccolto e pulito alcune ossa che ora verranno trasferite in Svizzera per effettuare esami del dna e studi approfonditi – ha anticipato Raiteri -. Gli studiosi si sono peraltro detti soddisfatti del fatto che esse non fossero state trattate con acqua oltre che del buon stato di conservazione che le caratterizza”.

Come spiegato dall’archeologa Gwenaël Bertocco, Vollein ha nel tempo restituito agli esperti una serie di manufatti risalenti ai vari periodi di popolamento del luogo da parte delle popolazioni dell’antichità, i quali spaziano dal Neolitico medio alle Età di bronzo e bronzo medio. Oggetti per attività quotidiane, armi per la caccia, monili e corredi funerari venivano così realizzati utilizzando pietre come il quarzo, la selce o la pietra verde o materiali come conchiglie, lignite e ceramica e fungono per noi da importanti fonti grazie alle quali collocare l’area entro una cornice cronologica e un ambito culturale precisi.

“Il rilancio di Vollein, suo malgrado abbandonato appena dopo il ritrovamento, andrà di pari passo con il versante più sportivo della zona legato alla vicina palestra di arrampicata – ha dichiarato il sindaco di Quart, Fabrizio Bertholin -. Siamo tuttora al lavoro per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un antistante parcheggio e stiamo vagliando l’ipotesi di appoggiarci anche al castello del paese a oggi in fase di ristrutturazione”.

Dopo un primo sopralluogo da parte degli esperti nel luglio 2021, l’anno passato alcuni crolli hanno costretto gli archeologi a coprire alcuni spazi per tutelarli da possibili perdite; inoltre, negli ultimi mesi circa una decina di lastre funzionanti da coperchi per alcune delle tombe sono state trasportate tramite elicottero al fine di proteggerle e di studiarle con cura.

Il sito archeologico di Vollein
Il sito archeologico di Vollein

Fruizione multimediale

Scansionando i QR code del sito di Vollein è possibile accedere a una serie di contenuti multimediali tra cui modelli tridimensionali che raccontano l’uno l’area in generale, l’altro la necropoli e l’ultimo le sue incisioni rupestri. Un quarto modello, fruibile come gli altri in tre differenti lingue, riguarda la cosiddetta tomba 31, particolarmente suggestiva nonché ricca di reperti ben conservati e ricostruita tramite una fotografia storica analizzata e replicata in ogni suo minimo dettaglio.

“Se il primo video riguarda tutte le località del circuito della preistoria, il secondo video rappresenta una opera d’arte site specific creata dall’artista Filippo Paolini in dialogo con l’astrofisica Sandra Savaglio – ha illustrato Giancarlo Sciascia della D Farm srl, società capofila dei numerosi enti partner del progetto semplice “Scoprire per promuovere” -. Il suo titolo è “Terra piena” poiché esso rappresenta una sorta di viaggio interno alla Terra e sino alle stelle, un filmato nato riflettendo sull’avanguardismo di Dante quale immedesimazione nel vissuto dei nostri antenati”.

Oltre alla pagina web, che permette agli utenti di rivivere l’esperienza della propria visita anche da casa, il sito sarà prossimamente completato con l’aggiunta di due modellini in scala raffiguranti la tomba principale e la conchiglia glycymeris, l’uno copia tattile accessibile anche ai non vedenti e l’altro copia fedele eventualmente esponibile nei locali del municipio.

Il sito archeologico di Vollein
Il sito archeologico di Vollein

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