L’impressione è quella della storia che rilegge la storia. Ed era inevitabile. Saison culturelle, ad Aosta. Mancano tre giorni scarsi a Natale. Sul palco di uno Splendor gremito sale la PFM.
Non uno spettacolo qualsiasi, perché la storica band progressive rilegge l’incontro con uno dei cantautori più eccezionali d’Italia e del mondo. Fabrizio De André. Cui l’accezione stessa di cantautore resta stretta come una marsina pirandelliana.
Due ore in musica, due ore con Fraz Di Cioccio – storico batterista ormai stabilmente alla voce della Premiata Forneria Marconi, tranne qualche incursione dietro le pelli – a sgolarsi al microfono, a farsi serio e immerso tra le note, ma anche a chiamare all’applauso e al battito di mani il pubblico di Aosta. Che risponde, eccome se lo fa.
Un concerto mutevole. La PFM parte piano. All’inizio c’è molto più De André rispetto loro. Ci sono le chitarre acustiche e ci sono tre classici in fila del cantautore genovese: Bocca di Rosa, La guerra di Piero, Andrea. L’interpretazione è morbida. È quella di “Faber”. Rispettosa dell’originale, con un lieve ammodernamento.
Poi si comincia a svoltare. Prima Il testamento di Tito, poi Un giudice sono brani chiave. Qui, il prog che si assaporava nel disco – “Non al denaro non all’amore né al cielo”, del 1971 – comincia a già ribollire, a fondersi con la storia che la PFM ha nel proprio sangue. Nei suoi ritmi. Nel suo DNA.
Rimini e Giugno ’73 sono i pezzi che non ti aspetti. Perché difficili. Perché tra quelli molto amati dai nostalgici di De André. La PFM lo sa bene e si tara. La musica strumentale si fa intensissima. È qui che Di Cioccio si immerge di più, lascia perdere la celebrazione e si concentra sulle parole. E che parole.
Dopo, dal palco non può che essere chiamato un applauso dedicato al grande cantautore genovese, ad ormai quasi 25 anni dalla scomparsa.
Quindi si “scaldano” le tastiere e i synth. È tempo di sentirli assieme, De André e la PFM. Proprio da dove tutto è cominciato nel lontano 1970: da “La Buona Novella”. Da quella rilettura apocrifa che Fabrizio ha fatto parlando della nostra religione. Di fila, Di Cioccio e soci si giocano L’infanzia di Maria – anche se la mancanza del coro di uomini finale della versione originale ne depotenzia un po’ la violenza -, Il sogno di Maria e Maria nella bottega di un falegname. Tripletta d’autore, aria di casa per la PFM.
Zirichiltaggia è un’eco della tournée del gruppo con De André, canzone che si presta ad andare verso il “crescendo finale”. C’è ancora spazio per La canzone di Marinella, e lo Splendor si ferma un attimo quando “irrompe” dalle casse, mentre la band suona dal vivo, la voce di “Faber” in persona. Registrata, non è neanche da dire. Ma l’impatto è impressionante.
E allora la PFM decide di mollare le briglie: Volta la carta, Amico fragile, Il pescatore. Tre anime diversissime del De André musicista e scrittore, tre facce di una medaglia che si aprono allo Splendor in tutta la loro poesia.
Alla fine, è però tempo della PFM. Che, per salutare Aosta sceglie un medley che attraversa È la festa, incontra Celebration e si spegne sulle Impressioni di settembre.
E, uscendo dallo Splendor, viene da pensare che “seduto in mezzo ai vostri arrivederci | Mi sentivo meno stanco di voi | Ero molto meno stanco di voi”.
3 risposte
Esternalizzano tutto e non funzionznulla… Mi sono fermato a farlo presente e il tizio ha risposto che funziona tutto benissimo e solo io non riuscivo…spettacoli orribili scelti da chissà chi, problemi con i biglietti sistema di areazione nullo s teatro, riscaldamento a balla con germi e batteri stantii..bravi
Condivido totalmente la critica sul sistema di vendita dei biglietti. Ho provato per diverse settimane ma non ho mai trovato posti disponibili.
Come mi sarebbe piaciuto partecipare… Purtroppo non sono riuscito a prendere i biglietti, il sistema di vendita della Saison è a dir poco anacronistico e totalmente inefficace. Assessore, si muova per fare qualcosa, per favore!