Courmayeur si prepara al turismo estivo, ma qualcuno ha già deciso di non riaprire: “Non ci sono prospettive”
Che non sarà una stagione estiva semplice è opinione diffusa anche ai piedi del Monte Bianco. Le incognite sugli arrivi dall’estero, le tante contraddizioni dei protocolli di sicurezza e ancora la cancellazione dei trail, appuntamenti clou per l’estate della Valdigne.
Nonostante tutto, c’è però voglia di ripartire e come conferma Alessio Berthod, referente Adava per il territorio di Courmayeur, “praticamente quasi tutti apriremo fra metà giugno e i primi di luglio”.
La speranza è rappresentata dal mercato italiano. “Qualcosa è ripartito, c’è soprattutto una forte richiesta per gli appartamenti” spiega Berthod. A spingere l’arrivo dei nostri connazionali in Valdigne sembra non essere però l’incentivo del Bonus vacanze. “Al momento non ho avuto richieste. Non so fino a che punto possa avere successo e non credo neppure sarà quella la soluzione per motivare la gente ad andare in vacanza. Piuttosto bisogna responsabilizzare le persone e andare ad eliminare alcuni limiti dei protocolli. Penso ad esempio al fatto che due coppie di amici sono libere di cenare insieme a casa propria, ma non al ristorante. Se mi chiedi un tavolo per dieci persone devi essere tu a sapere con chi vai a mangiare. Purtroppo ad oggi non è così e questo sta creando problemi sia di tipo gestionale che sociale”.
Un problema che sembra essere stato risolto nel protocollo, in fase di approvazione per i rifugi alpini. “I protocolli vengono fatti da dei tecnici che, non avendo idea di come funzionino le attività, rischiano con queste misure di farle naufragare. Sui rifugi alpini siamo forse riusciti a stopparli”.
Altre contraddizioni del momento riguardano gli spostamenti fra Stati esteri e in particolare i divieti posti da Francia e Svizzera.
“Sono misure ridicole. Da ieri i francesi e gli svizzeri possono entrare in Italia e tornare nei propri paesi senza necessità di fare la quarantena. Noi italiani invece non possiamo valicare i confini e il messaggio che viene letto dall’estero è che siamo noi i malati, le persone contaminate. La nostra speranza è che l’emergenza pian piano si smorzi e che con luglio la situazione migliori”.
Terrà invece chiusa la propria struttura nell’estate 2020, Manlio Cazzato, proprietario dell’Hotel Triolet.
“Sono uno dei pochi che ha deciso di non riaprire” spiega “Ammesso e concesso che il Covid-19 sia passato, non ci sono prospettive, nessuna prenotazione all’orizzonte. Sarà un’estate di lacrime e sangue”.
Una scelta “esclusivamente economica” legata anche al target di clientela della struttura. “Siamo un Bed&Breakfast con clienti per lo più stranieri, camminatori o partecipanti di gare di trail, ora annullate. Per l’estate avevo già 10mila euro di prenotazioni, che ho preferito cancellare.”
Ai sei dipendenti della struttura, dopo la chiusura prematura della stagione invernale, non è stato rinnovato il contratto.
“Non posso aprire al buio, se apro e l’estate mi va male, fallisco – prosegue Cazzato – E’ da 31 anni che ho questa attività e non mi era mai successa una cosa del genere. Mi trovo ora costretto a chiudere l’azienda, per non andare a consolidare il passivo che ho già in banca. Ricomincerò da capo in inverno”.
Dall’8 di marzo la struttura ha ricevuto una sola chiamata per richiesta di informazioni. “Con la chiusura anticipata della stagione invernale ho perso 70mila euro. A chi aveva prenotato ho restituito la caparra o ho lasciato un bonus per il prossimo inverno. “