Una nuova spada di Damocle pende sulle teste degli allevatori valdostani. A meno di un anno dall’epidemia di blue tongue, a far tremare i possessori dei circa 38.000 capi di bovini nella nostra regione è oggi la dermatite nodulare contagiosa, o lump skin disease, che ha già portato alla sospensione di eventi come Alpages ouverts o le batailles de reines.
“Diciamo che l’anno scorso ha creato un precedente poco piacevole”, dice Massimiliano Garin, che ha una sessantina di capi a Cogne. “Con la blue tongue abbiamo dovuto fare controlli, analisi, trattamenti, e poi si è risolto tutto in una bolla di sapone e non se ne è più parlato, anche se non credo che la malattia sia stata debellata. Della gravità di questa nuova malattia si sa ancora poco, ma pare sia più grave: se c’è da fare il vaccino lo faccio, non è quello il problema, ma dopo l’esperienza dell’anno scorso sono un po’ più scettico. Però di sicuro è peggio non vaccinare che rischiare il contagio ed il conseguente abbattimento di tutto l’allevamento”.
Il piano vaccinale regionale prevede una copertura totale nell’arco di 60 giorni, ma il vaccino deve ancora arrivare. “In Svizzera hanno istituito le zone di sorveglianza mercoledì, e a ieri avevano già vaccinato quasi 2000 bestie”, sottolinea Edy Cunéaz, circa 200 capi in totale nella zona del Gran San Bernardo, con diverse reines, al confine con la Svizzera. “Io sono terrorizzato. C’è chi ci scherza su, ma fa davvero paura, perché rischiamo di perdere tutto. Tanti allevatori sono contrari al vaccino, millantano effetti avversi, ma è l’unico sistema per fermare la malattia e ricominciare”.
La pensa così anche Mauro Chatrian, di Valtournenche, che invoca tempi rapidi per il vaccino: “Speriamo arrivi al più presto, e che nel mentre non avvenga nessun contagio, che porterebbe all’abbattimento di tutto il bestiame. La preoccupazione è alta”. Le batailles de reines sono un momento di soddisfazione, “ma meglio sospendere tutto che rischiare di perdere tutto: bisogna pensare a salvare le nostre razze, la pezzata rossa e quella nera. A rischio ci sono i sacrifici di una vita. Speriamo anche non ci siano blocchi sulla produzione della fontina: se non ci sono rischi per la salute umana, sarebbe esagerato. Altrimenti siamo finiti. Non vedo l’ora che resti tutto solo un brutto ricordo”.
Per scongiurare di perdere tutto, Davide Bieller, allevatore della Valdigne con circa 70 capi totali, ha scelto di coprirsi le spalle con un altro impiego: “Nel tempo mi sono reso conto che fare l’allevatore non è un lavoro sicuro: le bestie non sono nostre ma dei veterinari. Il loro PIL è più altro del nostro, con tutti i controlli a cui siamo sottoposti”, dice con ironia. “L’abbattimento è la nostra paura peggiore: ci abbiamo messo anni a costruire le stalle, implementare le tecnologie, fare delle reines. Il vaccino rimane l’unica soluzione, anche se dopo quello del Covid c’è molta perplessità”.