La disoccupazione in Valle è donna. Tante le casalinghe e non sempre per scelta

Tra i valdostani inattivi in età da lavoro 9.506 sono uomini mentre 14.947 le donne di cui il 50% si definisce casalinga. Se si considera che circa 3.000 hanno meno di 45 anni, si capisce come per molte di loro la decisione di stare a casa sia obbligata.
Economia

“Il perdurare della crisi non ha soltanto prodotto disoccupazione, perdita di lavoro e cassa integrazione ma ha anche innescato meccanismi di rinuncia all’ingresso nel mondo del lavoro dati gli infruttuosi tentativi per entrarvi”, così la Consigliera regionale di Parità, Nadia Savoini oggi al convegno dal titolo "Donne al lavoro per lo sviluppo d’impresa e l’occupazione"

I dati sull’occupazione femminile in Valle parlano chiaro
I dati emersi dall’indagine del comitato, che ha fornito un quadro generale dell’occupazione femminile interrogando 414 imprese valdostane, parlano da se: nella nostra regione solo il 61% delle donne in età da lavoro, tra i 15 e i 64 anni, sono occupate a fronte del 76% degli uomini. Le occupate sono in prevalenza lavoratrici dipendenti (80 su 100) e sono poche quelle che hanno un contratto a tempo pieno e indeterminato (il 64% contro l’87% di uomini). Il divario uomo-donna si fa più evidente se consideriamo le lavoratrici part time a tempo determinato: il 23% a confronto con un esiguo 2% di lavoratori maschi. Dalle percentuali è chiaro che il moderno fenomeno della sottoccupazione, che consiste nel transitare da un lavoro all’altro in continuazione, interessi l’universo femminile ancora più massicciamente di quello maschile. “A questo si aggiunga che, molto spesso, le retribuzioni previste nel contratto a termine o in quello a temo parziale non consentono da sole di mantenere una famiglia o di far fronte alle proprie esigenze” sottolinea Silvia Pilutti, ricercatrice della Società Prospettive Ricerca Socio economica.

Molteplicità di manzioni e frammentarietà delle esperienze:i principali ostacoli a un’occupazione stabile
Su un campione eterogeneo di 20 donne intervistate, differenti per età, qualifiche professionali e di studio, italiane e straniere, con o senza figli, tutte riscontrano gli stessi ostacoli all’inserimento nel mondo lavorativo: frammentarietà delle esperienze passate, molteplicità di mansioni, lavoro irregolare, lavori part time, ambienti di lavoro conflittuali al punto da costringerle a licenziarsi. Il risultato è una profonda insoddisfazione del proprio lavoro e una situazione di forte disagio che si inserisce perfettamente nel clima di insofferenza generale che si respira anche a livello nazionale (secondo gli ultimi dati Istat 1,5 milioni di italiani ha rinunciato a cercare lavoro e i 2/3 di loro sono donne). Questo contesto orienta inevitabilmente le scelte lavorative delle candidate che sono disposte a procrastinare la maternità, ad accettare condizioni lavorative non del tutto ideali con qualunque tipo si mansione e, nei casi più estremi, a piegarsi anche a proposte e avances del datore.

Il necessario coordinamento tra lavoro e gestione famigliare
Sicuramente un fattore di forte ostacolo nella vita lavorativa di una donna è il contemperamento delle esigenze lavorative con la gestione della famiglia. Anche in questo caso i dati sono illuminanti: il 12% ammette di aver subito rallentamenti di carriera per via dei figli, dei genitori malati o per agevolare la carriera del partner. Per la maggior parte delle lavoratrici la rete famigliare è indispensabile per la gestione della famiglia, soprattutto perché i servizi di supporto non sempre sono facilmente raggiungibili o costano troppo. Occorrerebbe quindi un efficiente sistema di coordinamento tra imprese e sevizi pubblici e privati che passi attraverso soluzioni organizzative flessibili, attivazione di servizi e convenzioni a livello aziendale (come il servizio di trasporto già attivato da una ventina di imprese valdostane mentre quattro hanno attivato interamente un servizio per la prima infanzia), elasticità degli orari. Alessandra Mondino, della Fédération des Coopératives valdotaines, evidenzia come la ricerca abbia dato la possibilità di “capire i bisogni reali delle imprese, soprattutto in relazione agli orari dei servizi. Spesso capita che in alcune fasce orarie molti posti nei servizi della prima infanzia rimangano vuoti, mentre non lo sarebbero se interessassero fasce orarie alle quali prima non avevamo mai pensato, per esempio quella dalle 17:00 alle 22:30. Le imprese valdostane faticano a fare rete tra loro anche perché fino ad ora non se ne è avvertita più di tanto la necessità.”

“Questo è il lato concreto del nuovo modello di welfare che bisogna costruire. Abbiamo ancora difficoltà a immaginarlo, ma bisognerebbe guardare soprattutto alla conciliazione. Ad oggi, manca la capacità di capire che sono problemi di sistema che necessitano convergenza tra attori.” Così Roberto di Monaco, professore del dipartimento di culture, politica e società dell’università di Torino.

L’auspicio di Maddalena Cristiani, presidente del comitato per l’imprenditoria femminile di Aosta, è che la ricerca possa “migliorare e implementare l’offerta di lavoro, tenuto conto che per molte categorie professionali – camerieri, cuochi, direttori di piano, addetti alla reception – il mercato è scoperto.”

 

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