Medicina d’urgenza: la paura di ripercussioni legali fa prescrivere esami e visite non necessarie

Il 90,5% dei medici di pronto soccorso intervistati in tutta Italia, nell’ambito di una ricerca, presentata oggi a Saint-Vincent, ha ammesso di aver praticato almeno un comportamento di medicina difensiva durante l’ultimo mese di lavoro.
Il convegno in corso a Saint-Vincent
Economia

Prevenire è meglio che curare o ancora, è meglio che essere denunciati. Dovrà pensarla cosi il 90,5% dei medici di pronto soccorso che, intervistati nell’ambito di una ricerca condotta da Chiara Locatelli e Maurizio Catino in collaborazione con l’Usl della Valle d’Aosta e l’Acemc ( Academy of Emergency Medicine and Care), ha ammesso di aver praticato  almeno un comportamento di medicina difensiva durante l’ultimo mese di lavoro. Ovvero ha richiesto esami di laboratorio non necessari (il 77,7%), ha inserito annotazioni inutili in cartella clinica (il 72,8%); ha richiesto consulenze di altri specialisti non necessarie (il 67,3%) e ancora ha richiesto esami invasivi inutili (64,1%), ha richiesto un ricovero non necessario solo per assecondare le pressioni dei familiari del paziente (63,3%).

A giustificare lo sperpero di risorse pubbliche sarebbe, secondo la ricerca che è stata presentata oggi a Saint-Vincent nella due giorni del convegno ‘‘Errore e responsabilita’ nelle organizzazioni sanitarie complesse’, la paura di finire in tribunale. Come spiega infatti lo studio il 69% dei medici che adottano atteggiamenti difensivi manifesta il timore di subire un contenzioso legale, il 50,4% dichiara di avere paura di ricevere una richiesta di risarcimento danni e il 50% dimostra di essere influenzato dalle precedenti esperienze di contenzioso subite dai colleghi. E a guardare i dati dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) i medici non hanno forse tutti i torti. Dal 1994 al 2007 il numero dei sinistri denunciati è passato da poco più di 9.500 a circa 30.000, con un incremento del 200%.

L’indagine è stata condotta su  1.327 medici di diverse specialità provenienti da tutte le regioni italiane.  I soggetti più propensi ad assumere comportamenti difensivi quelli più giovani: tra i 26 a 36 anni è infatti ben il 94,5% dei medici a dichiarare di aver commesso almeno un comportamento di medicina difensiva nell’ultimo mese di lavoro.

Oltre alle possibili ripercussioni legali, i medici intervistati si sono detti preoccupati per alcuni aspetti organizzativi come l’eccessivo afflusso di pazienti, la carenza dei posti letto, la stanchezza e la paura di sbagliare.

Secondo la ricerca la sanità dovrebbe riflettere e superare il  “mito dell’infallibilità” medica per cui si crede gli errori siano inaccettabili e legati alla competenza del medico ovvero solo quelli non bravi sbagliano. L’errore umano dovrebbe invece essere visto come un’opportunità da cui apprendere. Infine il mondo sanitario dovrebbe sviluppare una cultura  che promuova le segnalazioni degli errori, dei problemi e l’apprendimento organizzativo.

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