Profumo: “Le banche devono aiutare la crescita”

Il super manager milanese, ex amministratore delegato del Gruppo Unicredit, è intervenuto ieri sera, mercoledì 11 maggio, in un incontro pubblico, organizzato a Palazzo regionale dal Consiglio Valle.
L'ex ad Unicredit Francesco Profumo e Emily Rini
Economia

In questo particolare momento di crisi economica, delle banche ci si fida poco. Il pensiero corre subito a due anni fa, quando il fallimento della Lehman Brothers diede inizio al tracollo dell’economia americana, smascherando la mega truffa da 65 miliardi di dollari perpetrata dal finanziere ed ex direttore del Nasdaq, Bernard Madoff. Un crack che innescò un effetto domino al quale non si sottrassero alcune grandi banche italiane, come Unicredit.

E’ possibile ipotizzare che le stesse banche, in parte responsabili della situazione in cui ci troviamo oggi, possano rappresentare un volano per la ripresa economica e finanziaria non solo del nostro paese, ma del mondo intero? Alessandro Profumo, supermanager sfiduciato e costretto alle dimissioni dal Consiglio di Amministrazione del Gruppo Unicredit nel settembre del 2010, è convinto di sì.

Le banche sono imprese
Lo ha ribadito ieri sera in un incontro pubblico, organizzato a Palazzo regionale nell’ambito di un ciclo di conferenze, voluto dall’Assemblea regionale per condividere tematiche di grande attualità. “Innanzitutto – ha esordito Profumo – è necessario chiarire subito un dubbio: le banche non sono istituzioni, ma imprese. Ciò significa che per fare bene il loro lavoro, devono allocare il credito esclusivamente sulla base di criteri economici. Non farlo, vestendo i panni dell’istituzione, sarebbe molto rischioso”.

Lavorare bene per una banca significa anche minimizzare gli errori nel decidere quando e quanto denaro si debba erogare. “In questo senso – ha continuato – è necessario monitorare i tempi di risposta del credito e formare il personale affinché possa da una parte acquisire l’esperienza necessaria per gestire il futuro dei propri clienti, e dall’altra possa accompagnarli nel processo spiegando loro il perché dell’attribuzione di un certo rating e quale importanza hanno i bilanci nel calcolo del valore in questione”.

Il sistema italiano è troppo banco-centrico?
Profumo ha poi commentato le principali indicazioni arrivate dall’ultima relazione Consob, secondo le quali ci sarebbero tutti i presupposti affinché l’Italia possa tornare a crescere, a patto di potenziare il ruolo del mercato azionario e recuperare il grave ritardo di Piazza Affari.

“E’ vero, il sistema italiano è banco-centrico – ha confermato l’ex Ad del Gruppo Unicredit – e il peso del mercato da noi è più basso che in altri paesi europei. Da un certo punto di vista, il sistema attuale è più coerente con un’economia basata sulla piccola e media impresa, aspetto che conferisce più flessibilità rispetto a un sistema mercato-centrico. Quest’ultimo però, d’altra parte, ha meno concentrazioni di potere, perché ci sono meno decisioni soggettive”.

Trasformare il sistema, però, può avere delle conseguenze. “Se vogliamo passare a un sistema meno banco-centrico – ha continuato Profumo – dobbiamo fare crescere la dimensione media delle nostre imprese. Le grandi banche andrebbero a nozze con un sistema mercato-centrico, grazie alla possibilità di utilizzare meno capitale e d’intermediare i clienti tra il loro passivo e i mercati, mentre quelle più piccole sarebbero in difficoltà nel dover accompagnare le imprese dal loro debito al mercato”.

L’espansione degli istituti di credito italiani all’estero
“Le banche sono reti che possono, anzi devono, interconnettere i clienti tra di loro”. La critica che viene mossa spesso al sistema italiano è di non aver seguito la piccola e media impresa all’estero, rispetto a quanto fatto in altri paesi dell’Europa. ”E’ stato scelto soprattutto d’investire comprando banche più piccole nell’est dell’Europa – ha spiegato Profumo – ciò significa che c’è la volontà di supportare i clienti italiani in questi paesi”.

Una delle sfide principali del sistema bancario proiettato sulla scena internazionale è quella di recuperare il rapporto fiduciario con il singolo cliente. “La crescita internazionale è fondamentale per avere una struttura di costo e le competenze che consentano di fare bene il proprio lavoro – ha concluso – ma è ovvio che a fronte di quelle economie di scala, si hanno delle aggregazioni che ti fanno perdere il gusto dell’essere percepiti come locali”.

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