Con il progetto Dahu a Issime si studia l’adattamento dell’uomo ai cambiamenti climatici
Studiare come gli uomini del passato si sono adattati ai cambiamenti climatici. Scavare nella storia unendo tante discipline – da quelle umanistiche a quelle scientifiche – e coinvolgendo le comunità, in particolare i giovani, per immaginare insieme il futuro di chi vive in montagna. È il cuore del progetto Interreg Alcotra “Dahu” – acronimo di Développement et adaptation des occupations humaines en montagne – che coinvolge la Valle d’Aosta con il comune di Issime, nella valle del Lys, e il vallone di San Grato, il più antico insediamento Walser della vallata, e la Francia con Chamonix Mont-Blanc. Sul piatto, ci sono quasi 3 milioni di euro di fondi europei, di cui 1,5 milioni destinati alla Valle.
L’iniziativa – di cui sono partner la Regione, il Comune e l’Associazione Forte di Bard – è stata presentata ieri sera, al salone Z’Lannsch Hous di Issime. Tre sono le azioni previste: lo studio storico e archeologico del vallone di San Grato sotto la lente dei cambiamenti climatici, la riqualificazione di Casa Linty, nei pressi del campo sportivo all’ingresso del paese, che ospiterà un punto informativo e il coinvolgimento della popolazione, a partire dai più giovani, per immaginare lo sviluppo futuro di questo territorio, in cui si trovano diversi alpeggi. La durata del progetto – avviato nell’ottobre del 2023 – è di tre anni, con la sua conclusione prevista nel 2026.
Gli studi nel vallone di San Grato
Testimone nel XIII secolo dell’arrivo dei Walser dal Vallese, il vallone di San Grato è stato scelto “perché non partivamo da zero – spiega Gabriele Sartorio, archeologo della sovrintendenza ai Beni e alle Attività culturali della Regione -. Abbiamo la fortuna di avere dei dati storici e scientifici, degli studi e delle ricerche dell’associazione Augusta”, impegnata nella valorizzazione del patrimonio culturale locale. Il vallone – che si estende tra i 1.400 e i 2.300 metri di quota – è anche “un modello ideale di sito di ricerca – aggiunge Sartorio -. È di origine glaciale ed è separato dalla plaine. Ciò ha consentito una conservazione storico-architettonica di un certo tipo pur essendo ancora vissuto”.
Per capire come i suoi abitanti di un tempo si sono adattati ai cambiamenti climatici, sono state coinvolte varie discipline umanistiche e scientifiche, dalla ricerca storica alla dendrocronologia, dall’archeologia alla biologia molecolare e molte altre. Accanto ai ricercatori della sovrintendenza è scesa in campo anche l’Università di Torino per completare e ampliare le ricerche già iniziate dall’associazione Augusta.
Si stanno conducendo degli studi per datare le età delle piante, per capire come si sono adattate ai cambiamenti climatici, sui suoli, sulle coltivazioni presenti un tempo nel vallone. Parallelamente si stanno portando avanti delle ricerche storiche negli archivii. “Un’altra attività che vorremmo incominciare è la dendrocronologia sugli edifici – aggiunge l’archeologo -. Abbiamo la necessità di determinare l’età anche degli alberi più vecchi che troviamo dentro gli edifici. Stiamo studiando con il Comune un modo per chiedere ai proprietari la possibilità di eseguire dei campionamenti. Non è nulla di invasivo e di irreversibile ma i risultati sono importanti”.
Tra i primi risultati delle ricerche, c’è il ritrovamento di due cocci di terracotta, parti di un recipiente che risale al tardo Medieovo. “È la traccia attraverso cui cercheremo di capire cosa ci facevano quelle persone a quell’epoca a 1.900 metri, come vivevano, perché stavano lì in quegli edifici, cosa coltivavano, cosa mangiavano, perché e quando sono dovuti scendere”.
Il restauro di Casa Linty
Nel 1737 la signora Jacquême Biolley, vedova Linty, la donò alla parrocchia di Issime, con l’indicazione di destinarla all’istruzione dei giovani. Con il progetto “Dahu”, Casa Linty, ora di proprietà del Comune, diventerà un punto informativo per promuovere il vallone di San Grato e le bellezze naturalistiche e culturali del paese, grazie ad un intervento di restauro conservativo. Ad occuparsene sarà il team di architetti guidato da Franco Accordi.
L’edificio – che si sviluppa su tre piani, collegati con una scala interna – ospita la stalla e la cantina al piano terreno, la cucina e il soggiorno di una volta (dan piellje in töitschu, la lingua walser parlata a Issime) al primo piano, in cui verranno realizzati il centro informazioni e una sala polivalente, e il fienile e la dispensa al secondo piano. “La casa ha un grande valore storico per la distribuzione degli ambienti interni in cui convivono la parte rurale dedicata all’allevamento e alle attività agricole e la parte di abitazione vera e propria”, spiega l’architetto.
Per questo, nell’intervento di restauro si manterranno le caratteristiche e i materiali della struttura originaria. Nel dettaglio, saranno rifatti il tetto e gli intonaci e sarà mantenuta, in parte solo per figura, la scala che collegava i piani. L’edificio sarà ampliato con dei locali interrati che ospiteranno i bagni, un deposito e un locale tecnico. Completano l’intervento la realizzazione di due parcheggi, uno con due posti auto e l’altro con quattro, e l’installazione di un montascale per rendere la casa accessibile anche alle persone con disabilità.
Il coinvolgimento della popolazione
Oltre gli studi nel vallone e al restauro di Casa Linty, il progetto “Dahu” prevede anche il coinvolgimento della popolazione in una serie di incontri e attività per definire una strategia partecipata di sviluppo sostenibile del territorio, anche in chiave turistica, che valorizzi il patrimonio culturale Walser e affronti le sfide del cambiamento climatico. Ad occuparsene sarà il consorzio Starting4 di Padova che proporrà delle interviste, dei focus group, e dei laboratori destinati a tutti gli abitanti del paese, dagli operatori economici ai soggetti pubblici, dalle associazione ai turisti, fino ai più giovani. “Nelle attività che vi proporremmo ci faremo venire delle idee e decideremo come metterle in pratica e con quali tempi pensando a dei progetti pilota”, spiega Claudio De Monte Nuto di Starting4. Gli interessati possono compilare questo form.
Per il sindaco di Issime, Enrico Montanari, il progetto “Dahu” rappresenta “un punto di partenza molto importante che riguarda tre aspetti a noi cari: la cultura, il turismo e l’agro-allevamento che esiste ancora nel vallone di San Grato. Riteniamo che possano convergere, riuscire ad abitare insieme e a stimolarsi insieme per raggiungere qualcosa di innovativo”. E aggiunge: “Il dopo ci preoccupa sicuramente. Non vorremmo arrivare a creare il solito museo che rimane chiuso. Casa Linty dovrà essere il punto che ci aiuta a portare la gente nel vallone e a far conoscere le bellezze del nostro paese”.
La sovrintendente per i Beni e le Attività culturali, Laura Montani, cittadina di Issime, parla di “un progetto innovativo non solo perché coinvolge due territori, la Valle d’Aosta e l’Alta Savoia, ma per il suo approccio interdisciplinare. Noi speriamo che ci sia una forte partecipazione da parte degli abitanti e dei turisti”.
A soffermarsi sul coinvolgimento della popolazione, in particolare dei più giovani, è l’assessore regionale ai Beni e alle Attività culturali, Jean-Pierre Guichardaz. “L’obiettivo del progetto è di fare ricerca e recuperare delle strutture che rischiano di degradarsi con il tempo ma anche di tenere insieme le comunità e le generazioni – dice -. Vogliamo valorizzare i territori affinché le persone rimangano. Questo è anche un progetto di vita, che può portare benefici in termini di identità e di benessere delle persone”.