Allergici italiani verso il raddoppio nel 2020, ma solo uno su dieci si vaccina

Sotto accusa la disinformazione e il mancato rimborso del trattamento nella maggioranza delle regioni.
News Nazionali

(AdnKronos) – Respiro corto, occhi rossi, starnuti, naso che cola, rischio d’asma. I sintomi dell’allergia sono un appuntamento fisso per il 20-25% degli italiani. Un esercito destinato al raddoppio entro il 2020, quando secondo alcune stime sarà allergico fino a un connazionale su 2. Questi numeri da epidemia si traducono nella vita di tutti i giorni in fastidi pesanti, che la maggioranza dei pazienti sembra però accettare come un destino ineluttabile: meno di uno su 10 ricorre al cosiddetto ‘vaccino’ che permette di addomesticare il sistema immunitario, insegnandogli ad accettare ciò che identifica come un nemico. Gli altri 9 si rassegnano a soffrire ogni anno, anche per più di una stagione se ‘poliallergici’ e cioè ipersensibili a diverse sostanze. Sotto accusa la disinformazione e il mancato rimborso del trattamento nella maggioranza delle regioni.

Di terapia desensibilizzante o immunoterapia specifica, e degli ostacoli che ne frenano la diffusione nella Penisola, si è parlato a Milano in un seminario rivolto ai camici bianchi e aperto anche al pubblico. Perché per gli addetti ai lavori uno dei fattori che contribuiscono al sottoutilizzo dei ‘vaccini’ anti-allergia è "una non conoscenza, una non cultura che riguarda molte volte anche pediatri e medici di famiglia", afferma Sabrina De Federicis, marketing manager in Italia di Hal Allergy, multinazionale olandese che ha promosso l’incontro.

La terapia- "E’ una terapia che richiede molta informazione che di fatto oggi manca", conferma all’Adnkronos Salute Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. "Impropriamente, poi, si parla di vaccinazione e anche questo termine fa paura – riflette De Federicis – perché lo si associa alla somministrazione di un microrganismo", pur ‘disinnescato’. "In realtà il principio dell’immunoterapia è diverso: per 3 anni, per via sublinguale o sottocutanea si inoculano dosi progressive della sostanza alla quale il paziente è allergico, in modo che il suo sistema immunitario impari piano piano a non considerarla più estranea e quindi a non combatterla". In altre parole una "soft therapy", in cui "si introduce nell’organismo del paziente ‘la natura’ per educarlo a riconoscerla".

Già oggi l’Organizzazione mondale della sanità classifica le allergie fra le prime 4 malattie più diffuse al mondo, con un trend in crescita soprattutto fra i bambini. Per contrastare quest’avanzata "c’è bisogno di una crescita culturale – dice De Federicis – che riconosca l’importanza delle allergie e comprenda che il modo giusto per affrontarle è cercare di risolvere il problema e non semplicemente di alleviarlo". Ciò significa "curare la causa, non solo ridurre i sintomi". "Se la terapia desensibilizzante viene prescritta e seguita correttamente la sua efficacia è molto alta, intorno al 90%", assicura Fiocchi. Essendo però un trattamento che per i 3 anni di assunzione va seguito costantemente e continuativamente, "richiede pazienti da un lato molto ‘pazienti’ e dall’altro molto ben informati da parte del medico. Ci vuole del tempo per riuscire a spiegare i meccanismi e i benefici di questa terapia, e alla gente vanno dati gli strumenti giusti per capire".

"La giungla dei rimborsi" – L’altro problema è "la giungla dei rimborsi. Sebbene per Costituzione la salute sia un diritto garantito per tutti – osserva De Federicis – la realtà è che nell’Italia delle Regioni, per fare un esempio, chi vive in Lombardia gode di un rimborso praticamente completo mentre chi vive nel Lazio deve pagarsi la terapia". Un "problema annoso" anche a detta dell’allergologo. "Nel Lazio – ricorda Fiocchi – in assenza di rimborso regionale abbiamo promosso un class action per cercare di ottenere sconti sostanziali da parte delle aziende". Ma il problema riguarda la maggior parte d’Italia perché in un viaggio virtuale lungo lo Stivale le situazioni sono difformi e non sempre chiare, con decisioni spesso legate ai Piani di rientro e al contenimento delle spese in tempi di crisi e spending review. Se in Lombardia la terapia desensibilizzante è interamente rimborsata, "in Toscana lo è per alcune specifiche immunoterapie", analizza Fiocchi. "Il Piemonte la rimborsava al 50%, ma all’inizio di quest’anno l’ha tolta e al momento non si sa ancora cosa succederà", continua De Federicis. E ancora: "La Puglia ha imposto un tetto limite in base al reddito, mentre la Sicilia aveva un rimborso indiretto (il cittadino pagava e poi l’Asl rimborsava), ma ora l’ha tolto". Risultato: "Chi nasce a Milano ha il rimborso e chi nasce a Roma non ce l’ha", riassume Fiocchi. Il caso dei ‘vaccini’ anti-allergia, conclude l’esperto, "è la perfetta rappresentazione dell’assurdità del regionalismo italiano". 

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