Anziani e memoria, a un passo dalla soluzione per farla ritornare

Studio pubblicato su 'Nature'.
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Roma, 27 lug. (Adnkronos Salute) – Perdere le chiavi dell’auto, o dimenticare dove è stata parcheggiata la sera prima, sono inconvenienti comuni con il passare degli anni. Ora i ricercatori americani della Yale University sono riusciti a spiegare perché si incappa in questi problemi. E, soprattutto, pensano di aver capito in che modo invertire il fenomeno. Secondo un nuovo studio, pubblicato su ‘Nature’, le reti neurali nel cervello delle persone di mezza età e degli anziani sono più deboli e la connessione fra i neuroni è meno decisa rispetto ai giovani. Questo causa piccole dimenticanze e distrazioni, anche in persone che non soffrono di demenza. Ma la buona notizia è che questa condizione è reversibile. "I deficit cognitivi legati all’età possono avere un grave impatto sulla nostra vita, specie nell’era dell’informazione high-tech: le persone spesso oggi hanno bisogno di funzioni cognitive più elevate per soddisfare esigenze quotidiane, come pagare le bollette e prenotare visite mediche", spiega Amy Arnsten, neurobiologa dell’Istituto Kavli di Neuroscienze. "Queste abilità sono fondamentali per chi fa un lavoro impegnativo". Ma quando si invecchia le persone tendono a dimenticare più spesso le cose, e si distraggono facilmente.

Il nuovo studio ha esaminato per la prima volta le alterazioni legate all’età nell’attività dei neuroni nella corteccia prefrontale, l’area del cervello responsabile delle funzioni cognitive ed esecutive più complesse.

Ebbene, le reti di neuroni nella corteccia prefrontale generano una ‘corrente’ continua per tenere in mente le informazioni anche senza ‘suggerimenti’ provenienti dall’ambiente. Un processo, detto "memoria di lavoro", che ci permette di ricordare dove abbiamo messo le chiavi della macchina, anche se il posto cambia ogni giorno. I ricercatori hanno ‘fotografato’ l’attività dei neuroni corticali prefrontali di animali giovani, di mezza età e anziani che eseguivano un compito relativo alla memoria di lavoro. Così, misurando i tempi di risposta, si sono registrati i ‘ritardi’ tipici degli esemplari avanti negli anni. E anche la diversa attività delle reti neurali nel mirino. Tuttavia, quando i ricercatori hanno regolato l’ambiente neurochimico circostante i neuroni, in modo che fosse più simile a quello dei soggetti giovani, i tassi delle scariche neuronali sono tornati ai livelli degli anni verdi.

Insomma, sono stati messi in luce gli elementi in grado di ripristinare un ambiente ideale per l’attività neuronale. Uno dei composti più promettenti per ‘ringiovanire i neuroni’ è la guanfacina, un farmaco approvato per il trattamento dell’ipertensione negli adulti e i deficit prefrontali nei bambini. Il team sta già muovendosi per impostare un trial, arruolando un gruppo di soggetti per uno studio clinico sulla guanfacina, e dimostrarne la capacità di migliorare la memoria di lavoro e le funzioni esecutive nei soggetti anziani che non soffrono di Alzheimer o altre demenze.

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