Firenze, 24 mar. (AdnKronos Salute) – Nell’era degli chef-star e del cibo protagonista in tv, e ancor di più su social media, giornali e riviste, l’alimentazione è diventata un argomento hot. "Ma questo non vuol dire che si sia fatta chiarezza: sentiamo parlare tanto di dieta mediterranea, che però non è più quella di una volta. E pullulano diete best seller ma sbilanciate che, eliminando totalmente alcune classi di alimenti, espongono a seri rischi per la salute". Parola di Michele Gulizia, presidente nazionale Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri), che ha organizzato a Firenze il convegno internazionale ‘Food Science & Food Ingredients’, per fare il punto sulla necessità di un approccio scientifico e di una comunicazione corretta su questi argomenti.
"Prendiamo il caso dei grassi, demonizzati per 40 anni; poi è stata la volta dei carboidrati, e ora degli zuccheri. Con questo approccio hanno avuto fortuna celebri diete totalmente sbilanciate. Non si possono consumare solo proteine per mesi senza pagarne le conseguenze", avverte Gulizia. "Insomma, parlare di cibo è complesso e l’alimentazione funziona come un’orchestra", dice l’esperto: è la varietà degli strumenti e il loro equilibrio a garantire il risultato.
E se nel mirino dei ricercatori e dei medici riuniti a Firenze finiscono le semplificazioni eccessive e i messaggi sbagliati della stampa, l’epidemiologo dell’Università degli Studi di Milano Carlo La Vecchia non risparmia i colleghi: "Nei lavori su alimentazione e salute abbiamo avuto negli anni molti falsi positivi, dovuti al disegno di queste ricerche, alle loro dimensioni, ma anche al caso o a veri e propri errori. Occorre cautela e molta attenzione nel disegnare queste indagini, come dimostra il caso di uno studio del 1981 che associò il consumo di caffè al tumore del pancreas: era un lavoro falsato, ma ci sono voluti anni per dimostrarlo".
Per La Vecchia "occorre andare oltre l’approccio riduzionista: l’insieme della nutrizione è più che la semplice somma delle singole parti. E ormai ci siamo resi conto che alcuni studi epidemiologici non sono adatti a trarre delle conclusioni incontrovertibili per stilare linee guida scientificamente corrette. Il focus dovrebbe essere mirato alla composizione complessiva e alla qualità della dieta".
A ricostruire gli anni della ‘guerra ai grassi’ e’ lo studioso americano Dennis Bier del Baylor College of Medicine, direttore dell’American Journal of Clinical Nutrition’: "Il punto era intervenire sui livelli di colesterolo, ma" dopo quasi 40 anni di guerra ai grassi "nata con il Seven Country Study, l’approccio contro i singoli nutrienti si è ormai dimostrato datato. E oltretutto questa battaglia negli Stati Uniti non ha avuto effetti su obesità e malattie vascolari. Dopo i grassi, però, la tendenza è stata di demonizzare i carboidrati". E i prossimi sulla lista sono gli zuccheri, come spiega Luc Tappy del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Losanna in Svizzera. Con quali basi scientifiche? Il recente report dell’Organizzazione mondiale della sanità sull’introito di zuccheri aggiunti sarebbe stato stilato sulla base di 4 studi osservazionali degli anni Sessanta, svolti in Giappone, che indagavano sull’insorgenza di carie.
Le più recenti ricerche "ci hanno permesso di capire che occorre cambiare punto di vista per cogliere la risposta ad un’alimentazione complessa come quella umana", evidenzia Bier. "Le future ricerche in questo campo avranno bisogno di innovativi modelli sperimentali, che prendano in considerazione, oltre all’effetto biologico, anche altri aspetti della nutrizione – sottolinea Furio Brighenti, presidente della Sinu (Società italiana di nutrizione umana) – quali quelli culturali, psicologici e sociali, legati alla scelta alimentare". Oltre naturalmente "all’attività fisica, grande assente dalla quotidianità degli occidentali", conclude Gulizia.