Milano, 12 set. (Adnkronos) – Un conto in tintoria da 614 euro può sembrare un’esagerazione, eppure "in un sistema di libero mercato ciascun imprenditore applica prezzi che ritiene congrui per i propri servizi tenendo conto del contesto del settore in cui opera".
Anche per questo il giudice di Pace di Milano Giovanna Marseglia ha deciso che un cliente occasionale di una tintoria del centro città debba pagare il ‘conto’, appunto, da 614 euro che la lavanderia gli ha presentato. I fatti risalgono al luglio del 2009 quando il cliente in questione, ospite in casa di un amico, ha chiesto al custode del palazzo di contattare una lavanderia perché aveva bisogno di far lavare e sitirare una serie di indumenti in tre giorni.
Il custode contatta la tintoria, chiede un servizio celere con ritiro e consegna dei capi e chiede anche il preventivo. La tintoria entra in azione: ritira i capi e consegna al custode il preventivo di 614 euro. E’ il 14 luglio. Il cliente ritira il preventivo ‘solo’ due giorni dopo, il 16 luglio e si precipita a contattare la tintoria per ‘bloccare’ il servizio. Ma al negozio gli rispondono che i capi sono già stati lavati e stirati, anche perché la consegna era prevista per la mattina successiva.
L’uomo offre 200 euro, ma dalla tintoria replicano con un ‘no’ e gli spiegano che il giorno prima una propria dipendente aveva telefonato al custode dello stabile per comunicare il costo del servizio e aveva ricevuto l’assenso all’esecuzione. Alla fine la tintoria trattiene con sé gli abiti per i quali il conto non viene saldato e il cliente è costretto ad acquistare nuovi indumenti e cita in giudizio l’esercizio chiedendo di determinare il giusto prezzo (secondo lui le tariffe erano superiori di 10 volte al normale) e anche il rimborso delle spese sostenute. Ma alla fine, ad aver ragione, è la tintoria.
Per il giudice, in tema di contratti "la buona fede si atteggia come un impegno di solidarietà che impone alle parti di tenere comportamenti i quali, senza rappresentare apprezzabili sacrifici a proprio carico, siano idoeni a preservare gli interessi dell’altra parte". nel caso specifico "non sembra a questo giudice di rilevare nel comportamento della tintoria alcuna malafede vuoi nella fase precontrattuale vuoi nella fase contrattuale".
La lavanderia, infatti, aveva comunicato il preventivo al custode e il cliente "avrebbe dovuto essere più diligente ed informarsi in ordine alla consegna del preventivo che, come risulta, era stato consegnato il 15 luglio" di quell’anno.
"Di conseguenza -si legge nel dispositivo- ritiene questo giudice che il contratto si sia regolarmente concluso senza che possa essere addebitata alla tintoria alcuna malafede precontrattuale e contrattuale".
Senza dimenticare che "in un sistema di libero mercato ciascun imprenditore applica prezzi che ritiene congrui per i propri servizi tenendo conto del contesto del settore in cui opera". E che "la circostanza che detti prezzi possano sembrare eccessivi in rapporto ad altri del medesimo settore evidenzia, come detto, la libertà di mercato e la mancanza di un sistema monopolistico, con conseguente possibilità di ulteriori possibilità se, ovviamente, oculatamente ricercate".