[Milano, 5 set. (Adnkronos Salute) – Sepolti in casa, sommersi da una quantità infinita di oggetti che proprio non riescono a buttare: dai giornali ai barattoli, fino alla spazzatura. In Italia da 3 a 6 persone su 100 soffrono di ‘Hoarding Disorder’, un problema che coinvolge la sfera psichica e si manifesta con l’accumulo di oggetti di ogni genere, da vecchi ricordi a nuovi acquisti poco funzionali.
Se ne è sentito parlare in televisione nei programmi americani e potrebbe sembrare una realtà lontana da quella nazionale, ma non è cosi’: questo disagio colpisce anche nel nostro Paese, solo che "spesso è sottovalutato e scambiato per ‘disordine’ o ‘bizzarria’, oppure viene trattato come fosse una psicosi. Ma non è una psicosi, è un disturbo a sé". Lo spiega all’Adnkronos Salute Alessandro Marcengo, psicologo e psicoterapeuta, oltre che ricercatore autore di numerose pubblicazioni internazionali nell’ambito dell’ergonomia cognitiva.
E’ stato definito ‘accumulo compulsivo’, ma non fa parte dei disturbi ossessivo-compulsivi. E’ stato definito ‘disposofobia’, ma non è una fobia. Non è una ‘sottocategoria’ di nessun altro tipo di patologia: è un disturbo a sé con una sua ‘identità’, insiste l’esperto. Ed è caratterizzato da deficit cognitivi preesistenti.
Inoltre, studi di neuroimaging hanno dimostrato che c’è una vera e propria variazione della conformazione del cervello in chi ne soffre. Il problema ha una forte matrice genetica, sottolinea lo psicologo, ma la manifestazione di questa sindrome può avvenire o meno in base alle situazioni di fronte a cui la vita pone la persona. "Si può individuare una vulnerabilità ma la vita e le esperienze determinano la comparsa o meno del disturbo", precisa Marcengo.
Il ‘disturbo d’accumulo’ è pericoloso per chi ne soffre e non solo: i ‘soprammobili’ rubano sempre più spazio vitale in casa, sottraendolo a chi ci vive. "E’un disturbo molto invalidante – afferma lo specialista – spesso la persona non riesce più nemmeno ad usare gli ambienti, non può pulire e la scarsa igiene diventa un problema notevole. Si crea un circolo vizioso che porta anche alla malnutrizione".
Nei casi più gravi l’accumulatore rischia di rimanere sepolto sotto tutti i suoi ‘preziosi’ averi di cui non riesce a liberarsi. Un esempio ecclatante che fece scalpore negli anni ’50 è quello dei fratelli Collyer: due newyorkesi che furono ritrovati nel loro appartamento seppelliti sotto le cataste di giornali, scatoloni e valigie che avevano accumulato nel tempo.
Molte volte i pazienti scivolano verso una progressiva condizione di abbandono. "E’ un disturbo che induce nel tempo anche numerosi sintomi fisici, causando malessere sia fisico che psicologico – spiega Marcengo – In molti casi porta a creare conflitti e allontanamento dei familiari". E ci sono anche problemi di carattere pratico: lo stato di confusione e disordine, anche mentali, in cui vive l’accumulatore, spesso gli impediscono persino di svolgere azioni base come pagare le bollette e le tasse, "portandoli verso il dissesto finanziario".
Il problema è piu’ ‘conosciuto’ negli Stati Uniti sia per un fattore culturale che pratico, riflette l’esperto. "In America moltissime case sono di legno, quindi ci sono molti controlli perché il rischio di incendio legato allo stato in cui è l’abitazione è molto elevato. Ma in realtà anche in Italia esiste questo pericolo e ci sono stati dei casi", riporta lo psicologo.
Nel nostro Paese spesso c’è un forte senso del pudore e della privacy per quanto riguarda la propria abitazione, quindi "i familiari a volte si vergognano". Altre volte intervengono ‘ripulendo’ la casa prima di chiamare uno specialista, senza rendersi conto del trauma che stanno causando alla persona, che "può addirittura arrivare a pensare di commettere un suicidio" se privata inaspettatamente degli oggetti che gli davano sicurezza, che usava come "un trucco per stare bene".
Da un punto di vista sociale, teoricamente chiunque potrebbe diventare un accumulatore. Non ci sono ‘fasce’ più o meno colpite: da chi è indigente a chi è benestante, da chi lavora a chi è disoccupato, a chi ha un buon livello di cultura a chi no, "l’Hoarding Disorder è un disturbo ‘verticale’", sottolinea l’esperto.
In Italia il disturbo d’accumulo spesso non viene diagnosticato correttamente perché da un punto di vista clinico ci si sta addentrando solo ultimamente nei meandri di questa sindrome. Ecco perché a Torino, presso il Centro clinico Crocetta, partirà a febbraio un corso accreditato Ecm per psichiatri e psicoterapeuti, e uno dei moduli sarà appunto focalizzato su questo tema. Sara’ "il primo corso su questo argomento riconosciuto in Italia, a mio avviso", sottolinea Marcengo che è anche membro della Societa’ italiana di terapia cognitivo comportamentale (Sitcc).
Per i familiari di chi soffre di questo disturbo non è una situazione facile da affrontare: "I parenti ci chiedono spesso se esista una pillola che curi il disturbo – riferisce l’esperto – No, non c’è una soluzione semplice, ma ci sono diverse linee di intervento". Quella ‘di elezione’ è una terapia cognitivo-comportamentale specifica per ciascun paziente, "se il paziente accetta il percorso".
A volte, infatti, chi ha l’Hoarding Disorder non sa di soffrirne, come succede con molti disturbi della mente: "In questo caso cerchiamo di creare un rapporto cooperativo per risolvere gli aspetti pratici", spiega Marcengo. Il Centro Crocetta, presso il quale Marcengo lavora, organizza inoltre incontri mensili psico-educativi di gruppo per i parenti degli accumulatori. "Ora grazie a Internet abbiamo un filo più diretto con i familiari, e riceviamo una quantità impressionante di e-mail".